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Tra gli incredibili diamanti estratti nel favoloso Regno indiano di Golconda - fonte di pietre leggendarie quali, per esempio, il Koh-I-Noor e il Diamante Hope - pochissimi furono quelli gialli degni di nota (il Fiorentino, il Golconda d’Or, il Sancy e pochi altri), ma nessuno di colore arancione. 

Questi ultimi furono rinvenuti, per la prima volta, solo a partire dalla fine del XIX secolo, dopo la scoperta dei giacimenti africani. 

A testimonianza del loro manifestarsi nel panorama delle pietre conosciute, restano le parole del gemmologo newyorkese, Edwin William Streeter (1834-1923) che, nel suo libro The Great Diamonds of the World (1882), menzionò dei "diamanti di fuoco", riferendosi probabilmente a quelli arancioni. 

Allora come oggi questo colore, soprattutto nella sua versione più pura, era molto raro. 

La comparsa di un diamante arancione puro di dimensioni fuori dal comune fu, nel 2013, un evento davvero significativo nella sfera dei preziosi. 

Il nome della pietra, "The Orange Diamond" fu dato all'unico (di qui l’enfasi sull’articolo determinativo “The/Il”) diamante arancione vivo fantasia (fancy vivid orange in terminologia GIA) al mondo maggiore di 10 carati. 

La pietra di 14.82 carati, certificata dal GIA come avente purezza VS1, è di tipo Ia (uno A). 

Questa caratteristica la rende molto particolare, poiché la maggior parte dei diamanti arancioni puri appartengono al tipo 1b (caratterizzati da atomi di azoto singoli). 

Non si sa nulla delle sue origini, né il paese o la miniera di origine, né la data della sua scoperta, né le caratteristiche del grezzo da cui fu ottenuta. 

Si pensa che possa provenire dal Sud Africa dove, in passato, la zona delle dighe Swartruggen/Zwartruggens (a poche decine c di chilometri ad ovest di Johannesburg) era ritenuta una fonte relativamente prolifica (il 2-5% della produzione totale) di diamanti color ambra e arancio, oppure dal DR Congo. 

Alcune pietre color zucca oggi provengono proprio da questo paese africano, Il DR Congo produce anche diamanti giallo-arancio molto particolari, chiamati "barili/barrels" che, allo stato grezzo, sono di forma cubica e, talvolta, addirittura cavi. 

Il The Orange fu “piazzato” per CHF32,645,000, equivalenti a $35.531.974 milioni (incluse commissioni) del tempo, da Christie's. 

La cifra sborsata fu molto al di sopra rispetto alla sua stima iniziale di CHF16,000,000/19,000,000. 

Esso fu l'ultimo dei 286 lotti della grandiosa vendita, intitolata Magnificent Jewels, tenutasi al Four Seasons Hotel des Bergues di Ginevra. 

Tale cifra stabilì il record mondiale ($ 2.398.151 per carato) del prezzo pagato per un brillante diamante arancione. 

L’apparentemente piccolo cristallo è circa tre volte più grande degli altri due grandi diamanti arancioni conosciuti: il "Pumpkin Diamond", di 5,54 carati, del valore stimato di $3,00 milioni e un diamante arancione fantasia vivido senza nome, da 4,19 carati, venduto all'asta per un prezzo record di $2,95 milioni nell'ottobre 2011. 

Tanto poche sono le pietre di questo tipo in circolazione, che il processo fisico-chimico che dà origine alla tinta arancione non è ancora del tutto chiaro. 

Un fattore comune (l'86% del totale, quasi sempre di tipo IA) alla maggior parte di questi cristalli è la presenza, nell’analisi spettroscopica, della banda di assorbimento visibile di 480 nm. 

Anche alte concentrazioni di centri C (diamanti di tipo Ib, come il The Orange), o la presenza di difetti H3 (due atomi di azoto adiacenti a un posto vacante), abbinati ad una banda di assorbimento di 550 nm all'interno della struttura molecolare. 

Queste sono le peculiarità ricorrenti dei diamanti aventi una tinta albicocca. 

Va detto che, mentre pietre giallo-aranciate sono estremamente comuni, quelle completamente prive della componente gialla sono una vera e propria anomalia. 

Vista, quindi, la loro scarsità, non tutti se ne possono permettere uno. 

Coloro che sono innamorati di questi brillanti possono ripiegare su un equivalente sintetico, oppure si possono affidare pietre trattate (la cui modifica sia propriamente comunicata). 

Le gemme color carota create in laboratorio possono essere prodotte con entrambi i sistemi, sia quello HPHT (ad alte pressioni e temperature) che quello CVD (a deposizione chimica di vapore). 

Tra le pietre trattate, una gran parte è costituita da diamanti incolori sottoposti a un processo HPHT, il cui colore è confinato alla superficie mentre l’interno dei diamanti rimane incolore. 

Prezzi e senso di autenticità appartengono ovviamente a categorie ben distinte.

Articolo di: Dario Marchiori - Sito: Storie di Gemme

Fonti: forbes.com, christies.com, gemsociety.org, internetstones.com, langerman-diamonds.com, leibish.com.
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