Da Venezia all’India: la Storia del Grande Moghul | Rare diamonds, gems, jewelry, gemology and crypto payments
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La storia dei diamanti

Il Grande Moghul, oggi scomparso, fu un altro importantissimo diamante che passò per le mani dei veneziani, anche questa pietra fu testimone della dissoluzione di vecchi imperi e dell’instaurazione di nuovi. 

Esso vide, infatti, il nascere della dinastia islamica di imperatori Moghul (o Mughal, dall'arabo e dal persiano, come alterazione del vocabolo Mongolo), che sostituì quella tramontante dei Maharaja. 

Questa nuova stirpe musulmana controllò un’enorme area dell’Asia che corrisponde ai paesi che oggi sono conosciuti con i nomi di India, Pakistan, Afghanistan e Bangladesh, a partire dalla prima metà del XVI secolo. 

I Moghul iniziarono ad invadere parti dell'India nel 1526; intorno al 1700 raggiunsero il picco della loro potenza e governarono la maggior parte del subcontinente. 

Dagli inizi del XVIII secolo, la loro influenza iniziò rapidamente a scemare, tuttavia continuarono a regnare nominalmente su estesi territori fino al 1850. 

I Mughal erano un ramo della dinastia timuride di origine turco-mongola, proveniente dall'Asia centrale. 

Il loro fondatore Babur, un principe nato nella Valle di Fergana (nell'odierna Uzbekistan), era un discendente di Timur (noto anche come Tamerlano) e legato all’Orda Doro mongola attraverso il suo matrimonio con la principessa Saray Mulk Khanum (1341–1408), diretta discendente di Temüjin Borjigin (detto Genghis Khan o "Sovrano Universale e Forte Signore-Oceano", 1155/1162–1227). 

I maestri gioiellieri Moghul elevarono l’oreficeria a vera e propria forma d’arte; tra le pietre da loro predilette c’erano certamente anche i diamanti, il più grande e famoso dei quali fu il Grande Moghul.

Si ritiene che questa gemma, nata da una pietra grezza di 787 carati (o 157,4 g), sia stata scoperta intorno al 1650 nelle miniere Kollur del Regno di Golconda, nell'India meridionale. 

Essa venne regalata dall’ Emiro Jemla, generale militare e un politico astuto (di cui ho trovato solo pochi dati), a Shah Jahan (Shahab-ud-din Muhammad Khurram,1592-1666), quinto Imperatore Moghul. 

Alla sua morte, nel 1666. tutti i tesori, passarono al figlio Muzaffar Muhi-ud-Din Aurangzeb, Muhammad (1618-1707), noto come Aurangzeb. 

Aurangzeb fu l'orgoglioso possessore di una fortuna incredibile, più grande di quella posseduta da tutti i suoi predecessori. 

Si narra che egli avesse sette magnifici troni, di cui, si dice, uno interamente ricoperto di diamanti, chiamato Trono del Pavone. 

Jean Baptiste Tavernier fu probabilmente il primo straniero ad ottenere la possibilità di vedere i gioielli del monarca indiano e, dato che era anche lui un gioielliere, il suo resoconto è, a tutt’oggi, di enorme rilevanza. 

Il mito vuole che gli fu permesso anche di esaminare il Grande Moghul.

Molti storici dubitano che l’esploratore transalpino avesse veramente visto questo diamante, poiché’ sembra che Shah Jahan tenesse la preziosissima pietra custodita in una prigione. 

Esiste anche la scuola di pensiero secondo cui il figlio di Jahan, Aurangzeb, avrebbe personalmente invitato il viaggiatore francese, quale persona competente e gradita, per stimare i tesori del padre. 

Stando ai documenti disponibili, Tavernier fu ospite di Shah Jahan nel 1665 (non nel 1675, come riportato da taluni testi), quando questi era ancora in vita. 

La posizione attuale del Grande Moghul è sconosciuta e alcuni credono che il Diamante Orlov (189.62 carati, oggi parte della collezione dell'Armeria del Cremlino di Mosca) o il famosissimo Koh-i-Noor (originariamente di 186.00, poi risfaccettato agli attuali 108.93 carati, parte del Tesoro della Corona Inglese) possano essere stati tagliati da questa pietra. 

Più spesso che no, le storie di queste tre gemme si confondono e si intrecciano. 

L’avventuriero d’oltralpe descrisse, senza menzionarne il nome, un grande diamante con queste parole: "La pietra è della stessa forma che si otterrebbe se si tagliasse un uovo nel mezzo" e più tardi: "Il primo pezzo che Akel Khan (capo custode dei gioielli del re) mise nelle mie mani era un grande diamante, che aveva un taglio a rosa rotondo ed era molto alto su un lato. 

Sul bordo inferiore dello stesso c'era una leggera fessura e un piccolo difetto. 

La sua acqua (colore e purezza, NDR) era buona e pesava 319-1/2 ratti, il che rende 279/280 dei nostri carati, i ratti sono sette ottavi di un nostro carato. " 

Successivamente, il Grande Moghul fu trasferito a Lahore Subah, una suddivisione dell'Impero che comprendeva la regione centrale del Punjab (oggi in Pakistan). 

Il grosso diamante divenne parte del bottino di guerra quando l'India Moghul fu invasa e, prima Lahore, poi Delhi, furono saccheggiate dal sovrano persiano Nadir/Nader Shah (Persiano: نادر شاه افشار‎; o Nader Qoli Beyg o Tahmāsp Qoli Khan 1688-1747). 

Si stima che Nader abbia portato via con sé tesori pari a settecento milioni di rupie del tempo, una cifra di inimmaginabile valore. 

Tra i favolosi gioielli, Nader portati via, pare vi siano stati anche i diamanti Koh-i-Noor ("Montagna di Luce" in persiano; la stessa pietra?) e Darya-ye Noor (che significa "Mare di Luce"). 

Il Trono del Pavone, da allora in poi, servì come simbolo della potenza imperiale iraniana. 

Il re iranico portò la gemma a Isfahan nel 1739. 

Tuttavia, il possesso da parte di Nader Shah si rivelò di breve durata. 

Egli fu assassinato pochi anni dopo, nel 1747, sorpreso nel sonno da una quindicina di cospiratori e pugnalato a morte. 

In questo periodo il Gran Moghul scomparve e l’impero di Nader si disgregò’ negli anni successivi in una miriade di stati indipendenti. 

Molte fonti asseriscono che fu un lapidario veneziano Ortensio Borgio (o anche Borgis) a tagliare il prezioso cristallo. 

In realtà parrebbe che il vero nome del diamantaio (e scultore del marmo) veneto fosse Hortensio/Ortnsio Bronzoni (morto il 15 agosto 1677, la sua tomba si trova nel cimitero cristiano di Agra, in India). 

Tale nome appare anche nella traduzione postuma degli scritti di Tavernier, Travels in India (1889). 

Volume I e II, del geologo irlandese Valentine Ball (1843-1895). 

In quest’opera, l’autore scrisse: “Tavernier lo (il grande diamante, NDR) soppesò dopo che era stato tagliato da Hortensio Bronzoni, dopodiché gli furono mostrate pietre preziosissime. 

Sua Maestà aveva la scelta di fare campagne di conquista di persona, o poteva spedire qualche fedele per farlo. 

Ma secondo lui (Tavernier, NDR), Sua Maestà avrebbe fatto meglio a mandare una persona fidata a conquistare le terre dove, in verità, si potevano trovare tali pietre. 

Questi erano i regni di Bizapur (Bljapur) e Golconda (Gulkhandah) e l'isola di Ceilao (Ceylon). 

Detto questo, tese ancora una volta la mano piena di diamanti, già tagliati, di notevoli dimensioni, anche se non così grandi come il primo.”

Il nome dell’artista veneziano viene citato in altri resoconti sull’arte del XVII secolo, come per esempio il “Biblioteca Contardo Ferrini della Società Sacra Famiglia dell'Auditorium della Chiesa della Madonna del Castello" del 1930, in cui la produzione artistica di Bronzoni viene descritta con le seguenti parole:

“In un padiglione imponente s'apre la sontuosissima Sala del Trono tutta di oro (?) e sceltissimi marmi scolpiti e intagliati con arabeschi policromi e pietre dure e preziose incastonate. 

Nel centro era collocate quel capolavoro di oreficeria Indiana, il trono detto «dei pavoni», di oro massiccio perché aveva per base due enormi pavoni dalle code tempestate di diamanti, perle, smeraldi e turchesi in quantità. 

II disegno fu fatto dal veneto Ortensio Bronzoni e il capolavoro costo 20 milioni di rupie.”

Il Grande Moghul in Letteratura

Nel romanzo di Sir Arthur Conan Doyle “The Sign of the Four” (in italiano “Il Segno dei Quattro”, pubblicato nel 1890), l’ex detenuto, Jonathan Small, ruba questo grosso diamante due volte - una nel 1857, poi di nuovo nel 1888 - solo per gettarlo nel Tamigi prima di essere catturato da Sherlock Holmes e dalla polizia.

Il Grande Moghul fu la pietra più grande del mondo per molti secoli, fino a quando non scomparve nel XVIII secolo. 

È possibile che esso sia stato trasformato in uno dei diamanti che oggi conosciamo come Orlov o Koh i Noor, due delle gemme più conosciute o riverite di sempre. 

Tale passaggio purtroppo non è ancora stato provato da documenti o testimonianze storiche ufficiali. 

Oggi ne resta solo il ricordo che affianca quello di una Venezia capitale della sfaccettatura e del commercio di pietre preziose.

Articolo di: Dario Marchiori

Fonti: britannica.com, palazzoducale.visitmuve.it, 100 Things You Will Never Find: Lost Cities, Hidden Treasures and Legendary di Daniel Smith, gemsmanual.com,  The Indian Text Series Edited under the supervision of the Royal Asiatic Society, Contardo Ferrini Library of the HOLY FAMILY SOCIETY in the Madonna del Castello Church Auditorium, en.israelidiamond.co.il, archive.org
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