I Diamanti della RD Congo: un Gigante Addormentato, ma Nervoso
La prospettiva di un osservatore esterno: un punto di vista sulla realtà del commercio di diamanti e della amministrazione delle ricchezze della Repubblica Democratica del Congo.
La Repubblica Democratica del Congo (RDC) ha vissuto una delle storie più complesse e turbolente dell'Africa.
Dal suo sfruttamento iniziale nella tratta transatlantica degli schiavi al dominio coloniale sotto il re Leopoldo II , e attraverso cicli di dittatura , conflitti e pratiche di governo poco chiare, il passato del paese è segnato da lotte profonde e da accenni di resilienza.
Le vere democrazie sostengono una vera rappresentanza politica, trasparenza e partecipazione dei cittadini, assicurando che il potere resti nelle mani del popolo, ma sistemi politici come quello della RD Congo sono semplicemente percepiti come tali perché costantemente afflitti da corruzione, ingerenze straniere, manipolazione dei media e controllo elitario, che minano i veri principi del potere del popolo, mantenendo l'illusione della scelta libera di candidati di governo.
Ad esempio, solo per citare alcuni eventi recenti, a marzo 2025 , gli alleati dell'ex presidente Joseph Kabila, tra cui tali Aubin Minaku ed Emmanuel Ramazani Shadary, sono stati convocati da un procuratore militare per presunti legami con i ribelli M23 (Mouvement du 23-Mars) nella RdC orientale, sebbene gli stessi abbiano negato il coinvolgimento.
A gennaio 2025, il ministero della giustizia ha avviato un'indagine sull'appropriazione indebita di 300 milioni di dollari dalla società mineraria statale Gécamines tra il 2012 e il 2020, a seguito di segnalazioni di fondi del tesoro mancanti.
Nello stesso mese, tre cittadini cinesi sono stati condannati a sette anni di prigione e a una multa di 600.000 dollari ciascuno per estrazione illegale di oro, frode e riciclaggio di denaro.
Quest’ultimo fatto segna una rara condanna di attori stranieri che sfruttano le risorse della RDC, ma che in realtà si pensa tale pratica sia molto più diffusa.
La seguente panoramica storica vuole evidenziare gli eventi chiave che hanno plasmato la RDC e preparare il terreno per un'esplorazione maggiormente approfondita, da parte del lettore, della sua vasta ricchezza naturale, in particolare delle sue risorse di diamanti, e delle sfide che deve affrontare oggi.
Sfruttamento coloniale e dominio belga (1885–1960)
La pesante incursione da parte di forze esterne, nel Congo cominciò probabilmente con l'arrivo dell'esploratore Henry Morton Stanley (vero nome: John Rowlands) negli anni '70 dell'Ottocento.
I veri problemi si evidenziarono nel 1885, quando il re Leopoldo II del Belgio rivendicò la regione come suo feudo personale , fondando lo Stato libero del Congo.
Questo periodo fu caratterizzato da estrema brutalità , con lavori forzati e violenta coercizione imposta alla popolazione, in particolare per l'estrazione della gomma.
Nel 1908 , l'indignazione internazionale per le diffuse atrocità spinse il governo belga ad annettere ufficialmente il territorio, togliendolo dalle grinfie del proprio monarca, ribattezzandolo Congo Belga.
Sotto il dominio europeo, l'economia del grande stato africano crebbe. Fu particolarmente l'estrazione di risorse naturali.
Nel 1959 l'attività mineraria, e in particolare il rame, rappresentava il 60% dei ricavi delle esportazioni.
Caffè e olio di palma contribuivano per l'8% ciascuno e i diamanti per il 7%.
Un modesto livello di industrializzazione era in atto dagli anni '20 in poi, che accelerò ulteriormente durante la seconda guerra mondiale: cemento, sapone, prodotti chimici per l'attività mineraria, tessuti e birra venivano prodotti a Kinshasa e nel Katanga.
Tuttavia, le popolazioni indigene continuarono a rimanere estranee dalle decisioni politiche e dai benefici economici di questa nuova fase.
Indipendenza e successiva crisi (1960-1965)
L'indipendenza del Congo dal giogo belga venne dichiarata il 30 giugno 1960, ma mantenenne lo tesso nome per un altro decennio.
La transizione fu caotica. Il nuovo primo ministro e leader nazionalista, Patrice Lumumba, cercò di unificare il paese, ma dovette affrontare sia dissensi interni che interferenze esterne, in particolare da parte degli Stati Uniti e delle amministrazioni dell'Unione Sovietica.
La provincia ricca di minerali del Katanga tentò di separarsi con il sostegno belga, portando ad una crisi generalizzata nel paese. Lumumba fu catturato e giustiziato nel 1961 e il colonnello Joseph Mobutu (in seguito Mobutu Sese Seko) prese il potere nel 1965, instaurando un'altra dittatura, che durò per oltre tre decenni.
La dittatura di Mobutu e il suo declino (1965-1997)
Mobutu ribattezzò il paese Zaire nel 1971 e attuò un regime dal pugno di ferro, caratterizzato da repressione diffuse. Tale termine è di etimologia incerta: dalla parola “nzadi,” nome di un fiume locale in linguaggio Kongo opure dal termine “Zair” deriva dall'ebraico "Zayir," che significa "piccolo" o "giovane."
Mentre l'economia inizialmente prosperò, grazie alle esportazioni di minerali, la cattiva gestione e il saccheggio da parte di elementi dello Stato portarono alla stagnazione degli anni '80.
I guadagni dalle esportazioni scesero a un minimo storico nel 1990, quando i diamanti superarono il rame come principale fonte di valuta estera.
Quando la presa del suo dittatore si indebolì negli anni '90, i movimenti di opposizione guadagnarono terreno e lo Zaire precipitò in nuovi disordini, che culminarono con l’estromissione di Mobutu durante la prima guerra del Congo (1996-1997).
In questo conflitto, il governo del Ruanda sostenne l'Alleanza delle Forze Democratiche per la Liberazione del Congo (AFDL) dominata dalla tribù dei Tutsi, guidata da Laurent-Desire Kabila, con l’intenzione, appunto, di rovesciare Mobutu.
In questa fase, le truppe ruandesi presero il controllo delle redditizie miniere di diamanti e coltan nella RDC orientale.
Parallelamente a questi eventi, prese atto anche il genocidio ruandese, un tentativo di sterminio proprio della popolazione Tutsi da parte del governo guidato da una tribù rivale, quella degli hutu, tra il 7 aprile e il 15 luglio 1994, a seguito della morte del presidente ruandese Juvénal Habyarimana, il 6 aprile 1994. Si stima che tra cinquecentomila e un milione di persone.
Guerra, instabilità e l’era Tshisekedi (1997-oggi)
Kabila prese il potere e rinominò un’altra volta il paese, dandogli il nome attuale di Repubblica Democratica del Congo (o RdC).
A breve seguÌ la Seconda Guerra del Congo (1998-2003) che trasformò la nazione in un campo di battaglia che causò milioni di morti. Questo conflitto fu innescato dei diverbi tra Kabila e Paul Kagame, allora ufficiale militare, oggi (dal 2003) presidente del Ruanda.
Kabila venne assassinato nel 2001 e suo figlio, Joseph, gli succedette.
Il nuovo leader stabilÌ accordi di pace instabili, a seguito di elezioni contestate.
Il paese continuò la sua fragile corsa al presente fino al 2018, quando Felix Tshisekedi venne eletto.
Questa corsa alle urne marcò il primo pacifico trasferimento di potere dall'indipendenza.
Il controllo del paese rimase difficile, la poca garantire stabilità politica ne limitò ulteriormente la crescita economica.
Oggi, la RDC affronta una precarietà continua, caratterizzata dalle scaramucce (mortali) di oltre 120 gruppi ribelli , tra cui il sopracitato M23, fomentato dal governo ruandese e ritormato alla ribalta mediatica nel 2022, a causa di violenti attacchi contro la popolazione.
Il conflitto è alimentato dalle risorse minerarie, con gruppi armati che lottano sia per ottenere lo sfruttamento di diamanti, oro e altri minerali per finanziare le loro attività che per prendere le redini del paese.
Le tensioni tra La RdC e il Ruanda continuano e questo non giova certamente al benessere mai raggiunto da parte del paese.
Una nazione a un bivio: gli ostacoli di sempre
Fin dalla sua indipendenza dal Belgio nel 1960, la Repubblica Democratica del Congo ha vissuto sotto il peso di dittature voraci, instabilità politica e conflitti incessanti, che l’hanno spinta tra le nazioni più povere del pianeta.
Nel 2024, secondo il Financial Global Magazine, il paese occupava il quarto posto in questa triste classifica, con il 65% dei suoi 110 milioni di abitanti costretti a sopravvivere con meno di 2,15 dollari al giorno.
(Quando più avanti in questo articolo si parlerà di politiche disastrose, gestione inefficiente e democrazia calpestata, dati come questo torneranno facilmente alla mente).
Questa mancanza di benessere è quasi certamente legata alla cosidetta “maledizione da risorse”, la condizione imposta ai paesi dal sottosuolo piu ricco, mantenuti in miseria per poter essere sfrutatti da quelli “sviluppati”.
La RdC possiede infatti vastissime risorse minerarie.
La Banca Mondiale ha spesso fatto presente quanto questa nazione potrebbe diventare uno dei paesi più ricchi dell'Africa.
Le elezioni del 2023 sono state macchiate, come di consueto, da controversie legate elle immancabili accuse di frode.
Le forze di pace delle Nazioni Unite (MONUSCO), nonostante un budget significativo ($ 1,1 miliardi a partire dal 2022), sono state in gran parte inefficaci.
Questo serpero di denaro venne seguito dal loro ritiro graduale iniziato a dicembre 2023, completato alla fine del 2024.
Il governo della RdC contnua ad accusare quello ruandese di sostenere gruppi ribelli.
Il giochetto del puntare il dito contro l’avversario per mantenere lo status quo continua.
Tra i presidenti dei rispettivi stati Tshisekedi e Kagame non smette la guerra di parole.
Il primo ha persino minacciato di "marciare su Kigali" se le interferenze del secondo non dovessero cessare.
La produzione di diamanti
La prima scoperta registrata di diamanti in quella che oggi è la RDC ebbe luogo nel dicembre 1903.
Nel 1907 , giacimenti significativi furono identificati nella regione di Tshilzapa , situata nella provincia del Grande Kasai, nel sud-ovest del paese. Quest'area geografica e culturale comprende le province di Kasaï, Kasaï-Central, Sankuru, Kasaï-Oriental e Lomami.
Questa larga landa dovette affrontare sfollamenti significativi, in particolare dal 2016, con conseguente crisi umanitaria.
Nel 1918 , furono fatti ulteriori ritrovamenti di giacimenti nella regione di Mbuji-Mayi , poi diventata una delle più grandi aree di produzione del paese.
Nei primi anni del XX secolo, il recupero dei cristalli preziose era prevalentemente svolta da società europee, come ad esempio la Societé Internationale Forestière et Minière du Congo, che avevano diritti esclusivi sull'estrazione mineraria e di esportazione verso il Belgio e oltre.
L'amministrazione coloniale di Bruxelles supervisionò queste operazioni fino agli anni '60.
Durante questo periodo, De Beers, il monopolista mondiale del minerale grezzo, inizio’ a interessarsi del paese africano.
Sebbene la società controallata da Anglo American non fosse direttamente inizialmente coinvolta nell'attività estrattiva, svolse un ruolo chiave nel marketing e nella distribuzione del grezzo del paese.
Questo sodalizio contrbuÌ al successivo aumento della produzione di diamanti del paese.
L’influenza di Daniel Guggenheim
Daniel Guggenheim (1856–1930) fu un protagonista di primo piano nell’industria mineraria internazionale, accumulando un'immensa ricchezza attraverso il controllo delle risorse naturali in diverse parti del mondo.
Succeduto al padre alla guida dell’American Smelting and Refining Company (ASARCO) nel 1905, consolidò il potere della famiglia nel settore, trasformandola in una delle dinastie minerarie più influenti del XX secolo.
Oltre ai metalli preziosi estratti in Nord e Sud America, i Guggenheim ampliarono i loro interessi al settore diamantifero, con operazioni in Angola e RdC (nome attuale).
Nel 1906, in collaborazione con Thomas Fortune Ryan e altri magnati come J. P. Morgan e John D. Rockefeller Jr., Guggenheim fondò l’American Congo Company (ACC), una società concessionaria statunitense attiva prima nello Stato Libero del Congo e poi nel Congo Belga.
Se inizialmente l’obiettivo principale era lo sfruttamento della gomma, ben presto la compagnia spostò la sua attenzione sui diamanti, attirata dalle immense risorse minerarie della regione.
Le operazioni di espansione furno propiziate dalla concessione ottenuta dal re Leopoldo II. Essa garantiva il diritto esclusivo di raccolta della gomma su un’area di 10.000 km² per 99 anni, con un’opzione di acquisto su ulteriori 5.200 km².
Tuttavia, fu attraverso l’acquisizione di una fetta significativa delle azioni della Société Internationale Forestière et Minière du Congo (Forminière) che la ACC entrò direttamente nel redditizio mercato dei diamanti congolesi.
I diamanti estratti sotto il controllo della Forminière contribuirono enormemente alla fortuna di Guggenheim, che nel 1918 si attestava tra i 250 e i 300 milioni di dollari, rendendolo uno degli uomini più ricchi del mondo.
Tuttavia, l’ascesa della famiglia fu segnata da conflitti interni: nel 1922, accuse di favoritismi e gestione opaca portarono a una rottura tra i fratelli.
Dopo una serie di scontri e battute d’arresto, Daniel Guggenheim si ritirò definitivamente nel 1923, lasciando un’eredità che avrebbe influenzato a lungo l’industria mineraria globale, compreso il settore diamantifero del Congo.
Dopo ulteriori disaccordi familiari e battute d'arresto, Daniel si ritirò nel 1923 all'età di 67 anni.
I quattro decenni a cavallo tra le due guerre mondiali agli anni sessanta del paese furono caratterizzati da un graduale aumento delle attività estrattive, non solo nel paese ma nel mondo.
Si pensi che da una produzione globale di circa 300.000 carati di diamanti del 1870, si è passati ad un picco di 177 milioni del 2005, fino agli attuale 121 milioni (2023, fonte Statista.com).
Nel periodo tra il primo ed il secondo conflitto mondiale, l’allora Congo Belga era il paese di gran lunga più ricco di grezzo.
Questo era ancora il caso fino agli anni ’60, quando la metà circa delle pietre in circolo er il mondo era di origine congolese.
Durante l'era della dittatura (1965–1997) ci furono alcuni cambiamenti significativi.
Nel 1981, il governo di Mobutu Sese Seko tentò di prendere il controllo del mercato dei diamanti istituendo la Société Minière de Bakwanga (MIBA) come unico esportatore autorizzato, escludendo De Beers.
Tuttavia, questa mossa portò a un diffuso contrabbando e a un calo delle entrate ufficiali.
Nel 1983, Mobutu reintegrò De Beers, concedendogli il diritto di acquistare il grezzo attraverso l’ente statale Office des Mines d’Or de Kilo-Moto (OKIMO) e la MIBA.
Questo contribuì a stabilizzare le esportazioni ufficiali, ma non eliminò il commercio illegale.
La RdC, sotto la guida di Mobutu, vide transitare le operazioni su larga scala, fino ad allora nelle mani di corporazioni europee, a un sistema sotto la supervisione nazionale.
In questo nuovo scenario, l'estrazione indipendente su piccola scala divenne si diffuse e divenne una parte cruciale del processo di produzione, in particolare in aree come Tshilzapa e Mbuji-Mayi.
Negli anni '80 e '90, l'instabilità politica e la corruzione, unite alla mancanza di investimenti in tecnologie moderne, contribuirono a un forte declino dell'efficacia delle operazioni su larga scala.
Alla fine degli anni ’80, il commercio illecito di diamanti prosperava, con stime che indicavano che fino al 60% dei diamanti dello Zaire sfuggisse ai canali ufficiali con molte pietre contrabbandate fuori dal paese verso nazioni vicine come la Repubblica Centrafricana e il Congo-Brazzaville.
Mobutu e i suoi associati beneficiarono di questi mercati paralleli, avvalendosi di collegamenti con commercianti belgi e israeliani.
Nel 1991 e nel 1993, rivolte e saccheggi su larga scala compromisero ulteriormente il settore dei diamanti.
Con il progressivo deteriorarsi del controllo governativo, signori della guerra e fazioni ribelli nell’est del paese iniziarono a sfruttare le risorse diamantifere.
Nonostante ciò, la RDC rimase un attore globale significativo nel settore, assestandosi come il secondo produttore di diamanti in Africa e il quarto nel mondo in termini di peso.
Durante questo periodo, la produzione di diamanti del paese raggiunse il picco, con circa 70 milioni di carati prodotti dal 1991 al 1994.
Dopo l'indipendenza e il ruolo degli attori internazionali
Nel 1997, con l’avanzata delle forze di Laurent-Désiré Kabila, De Beers cessò le proprie operazioni nella regione.
Con l’avvento di Laurent-il nuovo governo, cercò di esercitare un maggiore controllo statale sulle entrate derivanti dai diamanti, ma l’instabilità e la Seconda Guerra del Congo (1998-2003) portarono a un ulteriore declino delle esportazioni ufficiali.
I gruppi ribelli, sostenuti da governi stranieri (in particolare Ruanda e Uganda), sfruttarono le miniere di diamanti per finanziare le loro operazioni.
De Beers (DB), iniziò a essere criticata per il suo ruolo nel perpetuare il finanziamento dei conflitti attraverso il suo commercio dei cosiddetti " diamanti di sangue".
Per contrastare questo fenomeno, inizialmente DB cercò di acquistare tutto il grezzo congolese, per mantenere il suo monopolio, ma cl fallimento di tale tattica, cambiò strategia.
Sebbene la compania non fosse direttamente coinvolta in tali translationi losche, le sue pratiche commerciali finirono sotto esame.
Stava, infatti, aumentando la pressione internazionale per una maggiore trasparenza nel commercio dei diamanti.
Anche per questo motivo decise di abbandonare ufficialmente la RDC nel 1999, spostando il proprio focus verso regioni minerarie più stabili.
Nel 2000-2001, modificò il suo modello di stoccaggio e si concentrò sul branding, con l' iniziativa "Supplier of Choice".
Inoltre, il Processo Kimberley (KP,) fu introdotto nel 2003, proprio per frenare il flusso di pietre che venivano usate per comprare armi e inasprire i conflitti.
Questa nuovo ostacolo legislativo limitò ulteriormente l'ingresso dei diamanti non mainstream della RdC nel mercato globale.
Mentre l'iniziativa contribuÌ a ridurre il mercato nero di queste gemme, la sua efficacia venne spesso messa in discussione, in particolare in regioni come la RDC dove la sua implementazione era debole.
A oartire dagli anni 2000, il settore diamantifero della Repubblica Democratica del Congo attraversò ulteriori trasformazioni, segnate da accordi controversi, crisi economiche e riorganizzazioni aziendali.
Nel 2003, MIBA ricevette un finanziamento di 15 milioni di dollari dalla Emaxon Finance International, in cambio del diritto di acquistare l’88% della produzione della compagnia.
L'accordo, siglato in segreto, divenne pubblico pochi mesi dopo a causa di una disputa tra il ministro congolese delle miniere e il suo vice, rivelando che Emaxon era controllata dal DGI Group di Dan Gertler (un commerciante di diamanti israeliano e amico intimo di Kabila).
Questa scoperta suscitò polemiche e nel 2005 una commissione parlamentare, guidata da Christophe Lutundula, criticò l’accordo e ne raccomandò la rinegoziazione.
Nel frattempo, il settore subì ulteriori scossoni. Nel 2006, la società Umicore vendette la sua partecipazione in MIBA alla Mwana Africa (oggi Asa Resources Group), segnando un altro cambio di gestione.
Tuttavia, la situazione economica dell'azienda continuò a peggiorare e nel 2007 le esportazioni di diamanti crollarono dell'80%.
La miniera divenne teatro di gravi tensioni: un ingegnere e una guardia furono assassinati, mentre circa 10.000 minatori artigianali invadevano il sito ogni giorno. In aggiunta, i dipendenti non ricevettero lo stipendio per oltre quattro mesi, alimentando il malcontento.
La crisi raggiunse il culmine nel 2008, quando gli operai scioperarono più volte per i salari non pagati, portando alla sospensione della produzione tra novembre 2008 e marzo 2011.
Per tentare di risollevare l’azienda, nel 2013 MIBA affidò la gestione del cluster di Tshibwe alla SACIM, una joint venture con il gruppo cinese Anhui Foreign Economic Construction.
Nonostante questi tentativi, i problemi finanziari e gestionali non si risolsero.
Nel 2018, l’amministrazione di Joseph Kabila introdusse la legge mineraria.
Il codice rivisto venne osteggiato da molte società minerarie multinazionali, poiché con esso si introducssero nuove tasse per le società straniere e si eliminarono le clausole di stabilità che proteggevano gli investimenti esistenti (spesso di matrice internazionale) dalle possibili modifiche alle normative.
Nel 2020, un audit governativo rivelò gravi irregolarità nella gestione di MIBA, spingendo il governo della RDC a rimuovere il consiglio di amministrazione e a pianificare una ristrutturazione.
Successivamente, la compagnia statale Gécamines stanziò 5 milioni di dollari per rilanciare le operazioni.
Ad oggi, MIBA rimane una delle poche aziende industriali ancora attive nell’estrazione di diamanti in Congo.
Tuttavia, la stragrande maggioranza della produzione diamantifera del paese è nelle mani di minatori artigianali o della SACIM, segno di un settore ancora instabile e lontano dalla ripresa definitiva.
Dai picchi degli anni 90, la produzione continuò a scemare, Tuttavia anche nel 2023, la RdC rimaneva uno dei principali produttori al mondo, contribuendo a circa il 12% dell’”output” mondiale in termini di peso.
Tuttavia, negli ultimi anni questo ha subito un rallentamento. Nel 2022, la RDC ha estratto circa 10 milioni di carati, con un calo di circa il 29,8% rispetto all'anno precedente. Nel 2023, il paese ha esportato 8,3 milioni di carati, con una ulteriore contrazione del 28% rispetto al 2022.
Si tratta del livello più basso registrato dal 2019. Nel primo trimestre del 2024 , la RDC ha segnalato esportazioni di diamanti per un totale di 1.970.188,55 carati , generando ricavi per 17,96 milioni di USD
Depositi e produzione, statistiche in breve
Tipologie dei diamanti congolesi: Nonostante questi sforzi, la ripresa del MIBA è rimasta lenta.
Nel 2023, la RDC ha contribuito al 12% della produzione mondiale di diamanti in peso, sebbene la produzione sia diminuita costantemente.
Entro il 2022, la produzione è scesa del 29,8% a 10 milioni di carati, con un ulteriore calo del 28% nel 2023 a 8,3 milioni di carati, segnando il livello più basso dal 2019.
Le esportazioni del primo trimestre del 2024 sono ammontate a 1,97 milioni di carati, generando 17,96 milioni di dollari di entrate.
Diamanti della RDC: statistiche in sintesi (fonte: Global Research)
• Gamma cormatica: incolori, marroni, grigi, oliva, gialli, cognac, arancioni.
• Produzione: oltre l'80% di pietre di qualità industriale, con diamanti di qualità gemma che rappresentano meno del 20%.
• Valore di mercato delle pietre qualita’ gemma:
Il prezzo al carato medio della produzione congolese e’ molto basso.
L'ultimo valore del 2022 è di 6,56 USD per carato, in calo rispetto agli 11,92 USD per carato del 2021.
In confronto, la media mondiale è di 266283,28 USD per carato, in base ai dati di 57 paesi. Storicamente, la media dal 2004 al 2022 è di soli 10,89 USD per carato.
Il valore minimo, 6,56 USD per carato, è stato raggiunto proprio nel 2022, mentre il massimo di 18,62 USD per carato è stato registrato nel 2005.
Qui di sotto viene mostrata, solo come esempio, per comprendere la crescita del prezzo di una pietra dal momento della sua estrazione a quello della sua vendita.
Si utilizzera’ del grezzo di piccole dimensioni (meno di mezzo carato) per esemplificare il suo trgitto attraverso le varie fasi della sua uscita sul mercato.
Si calcoli, comunque, che di un cristallo naturale iniziale, almeno il 40-60% si perde nel processo di sfaccettatura.
o $ 40+ per carato (estratto in Africa).
o $ 400+ per carato (tagliato in Europa).
o 900+ $ al carato (prezzo al dettaglio).
Produzione per anno, sin dei primi ritrovamenti
Oggi, l’estrazione di grezzo, in Congo è drasticamente calata a causa del crollo dei prezzi del materiale industriale, passati da $2/ct a 20¢/ct.
A partire nuovo millenno, in maniera incrementale, la creazione di materiale sintetico, maggiormente economico e standardizzato ha sostituito quella proveniente dal sottosuolo.
Oggi (2025) il 95% dei diamanti industriali sintetico, il settore minerario ne risente, specialmente nella regione di M’buji-Mayi, storicamente produttrice di questo tipo di pietre, ma anche di rari diamanti olivastri, cognac i peculiari diamanti “barrel”, grezzi cubici giallo-arancio, spesso cavi.
Chi controlla tutto? Panoramica poteri visibili e meno visibili
Le riserve di diamanti del paese si trovano principalmente nelle province di Kasai Occidental e Kasai Oriental , con significativi depositi alluvionali e kimberlitici.
Nonostante sia tutt’ora un importante produttore, la RDC ha dovuto e deve affrontare sfide come l'estrazione illegale e il contrabbando, con circa un terzo dei diamanti grezzi estratti che vengono spostati illegalmente nei paesi confinanti.
Ma le gemme del Congo non sono un affare tutto interno.
Gli attori esterni e internazionali, come hanno fatto nel corso della storia del paese, sono ancora oggi presenti dietro le quinte per controllare, dirigere, trarre vantaggio, a volte in modo evidente, a volte in completa segretezza.
Oltre al suddetto Ruanda, tra gli altri, i pesi massimi sono:
Stati Uniti
Le autorità statunitensi e congolesi monitorano le violazioni dei diritti umani nel settore minerario della RDC, stimando che tra 16.000 e 360.000 bambini lavorino nelle miniere di cobalto, stime di fine 2024).
Mentre l'attenzione è rivolta a questo prezioso materiale, l'amministrazione statunitense sembra anche avere interesse a promuovere la propria forma di governo (con tutto quello che ne consegue) e a ridurre i minerali di conflitto, tra cui i diamanti.
Tuttavia, l'influenza degli Stati Uniti nella Repubblica Democratica del Congo (RDC) va oltre: il governo nordamericano ha a lungo interferito nel processo di sviluppo del paese, finanziando iniziative per la stabilizzazione del conflitto nell'est, sostenendo riforme politiche e sanitarie, e cercando di contrastare la crescente influenza cinese nel settore minerario.
La gestione delle crisi umanitarie e sanitarie, come Ebola e COVID-19, è stata ostacolata da corruzione e sfiducia nelle istituzioni locali, mentre la competizione geopolitica continua a plasmare le strategie statunitensi.
Sostenendo il presidente Tshisekedi, gli Stati Uniti hanno cercato di influenzare la politica interna, condizionando gli aiuti e imponendo sanzioni a esponenti del precedente regime di Kabila, con il Congresso che ha imposto vincoli all’assistenza sulla base di diritti umani e sicurezza regionale.
Questa ingerenza non è un fenomeno nuovo: come racconta Stuart A.
Reid in The Lumumba Plot (2023), già nel 1960 la CIA orchestrò operazioni segrete per eliminare Patrice Lumumba, il primo leader congolese post-indipendenza, considerato troppo vicino all’Unione Sovietica.
L’assassinio del capo del paese segnò l’inizio di una lunga storia di interferenze occidentali nel paese, con effetti che ancora oggi influenzano il suo fragile equilibrio politico ed economico.
Cina
Le aziende cinesi hanno una presenza significativa nel settore minerario della RDC, con un focus predominante sul cobalto rispetto ai diamanti.
Tuttavia, attraverso investimenti strategici in infrastrutture e miniere, Pechino influenza l'intero settore estrattivo congolese.
China Molybdenum Co. (CMOC) controlla la miniera di Tenke Fungurume, una delle più grandi al mondo per rame e cobalto, mentre Zijin Mining ha acquisito la miniera di Kamoa-Kakula in collaborazione con Ivanhoe Mines.
Huayou Cobalt e CNMC (China Nonferrous Metal Mining) dominano la filiera del cobalto, essenziale per la transizione energetica globale.
Parallelamente, Sinohydro e CREC (China Railway Engineering Corporation, con 7 miliardi nel 2008) sviluppano progetti infrastrutturali cruciali, spesso legati agli accordi di scambio risorse-infrastrutture.
Tanto per citare un dato, tra il 2000 e il 2021 compagnie statali cinesi hanno approvato 19 impegni di prestito per un valore di circa 12,85 miliardi di dollari per le miniere di rame e cobalto nel vasto paese africano (fonte: AidData).
Le crisi della Repubblica Democratica del Congo (RDC) non possono essere analizzate senza considerare il quadro geopolitico ed economico che la attraversa.
Il paese, dilaniato da conflitti interni e ingerenze esterne, è al centro di una competizione globale per il controllo delle sue immense risorse minerarie.
Accanto agli attori occidentali e ai paesi vicini, il governo e le compagnie cinesi hanno assunto un ruolo chiave nella strategia economica congolese, proponendo investimenti infrastrutturali con un modello di cooperazione basato sul principio del "win-win".
Questo approccio, che privilegia gli accordi economici senza condizionamenti politici, si contrappone alla strategia occidentale, più legata alla promozione dei principi democratici.
Resta però una questione fondamentale: può un paese privo di uno stato funzionale e di una visione politica coerente realmente beneficiare di questa cooperazione?
La fragilità istituzionale della RDC compromette la gestione delle opportunità offerte dalle istituzioni di Pechino, trasformando il rapporto in una nuova forma di dipendenza piuttosto che in una leva per lo sviluppo sostenibile. (vedi anche Banca della Cina e SACIM, nei prossimi capitoli).
Unione Europea (UE)
Mentre L'UE cerca di garantire l'approvvigionamento di minerali critici per la transizione energetica, è coinvolta in una corsa al litio che sta alimentando corruzione e violazioni dei diritti umani in Africa.
Un rapporto di Global Witness (14 novembre 2023) evidenzia gravi irregolarità in tre miniere: a Sandawana (Zimbabwe), migliaia di minatori, spesso in condizioni pericolose e privi di diritti, sono stati sfrattati quando il sito è passato a imprese legate al partito ZANU-PF e all’esercito; in Namibia, la cinese Xinfeng Investments è accusata di corruzione nell’acquisizione della miniera di Uis, trattamenti disumani verso i lavoratori e mancata costruzione di impianti di lavorazione locali; nella RDC, l’azienda statale ha ceduto i diritti sul giacimento di Manono a prezzi stracciati, con profitti finiti in società di comodo legate a esponenti del passato e attuale governo.
La domanda di litio – "oro bianco" essenziale per veicoli elettrici e turbine eoliche – cresce rapidamente, ma il modello economico attuale lascia l’Africa esclusa dai benefici, perpetuando lo sfruttamento e la devastazione ambientale.
In questo contesto, Bruxelles sostiene iniziative per la trasparenza nel settore estrattivo, come l’Extractive Industries Transparency Initiative (EITI), sebbene molti interventi istituzionali abbiano storicamente aggravato le stesse condizioni che intendevano migliorare.
Israele
L’influenza israeliana nella Repubblica Democratica del Congo (RDC) va ben oltre i semplici affari, intrecciando spionaggio, manovre politiche e lo sfruttamento delle risorse minerarie.
Al centro di questa rete di interessi si trova Dan Gertler, magnate israeliano con profondi legami con la dinastia Kabila, che dagli anni ’90 ha ottenuto concessioni esclusive su diamanti, rame e cobalto.
La sua fortuna è stata costruita grazie ai rapporti con Laurent-Désiré Kabila e successivamente con il figlio, Joseph Kabila, la cui presidenza (1997–2018) gli ha garantito un accesso quasi monopolistico alle immense ricchezze minerarie del paese.
Gli accordi di Gertler hanno sollevato gravi accuse di corruzione e sfruttamento, tanto che un rapporto dell’Africa Progress Panel (2013) ha stimato che le sue operazioni abbiano privato il popolo congolese di 1,4 miliardi di dollari in entrate minerarie.
Nel 2017, il Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti lo ha sanzionato, accusandolo di violazioni dei diritti umani e transazioni illecite.
Ma l’influenza israeliana nella RDC va ben oltre Gertler.
Nel 2019, un ex direttore del Mossad è stato espulso da Kinshasa, coinvolto in un tentato colpo di Stato contro il governo congolese.
La sua visita nel paese era avvenuta in compagnia dello stesso Gertler, alimentando sospetti su possibili operazioni di destabilizzazione orchestrate da Israele.
Intanto, alcune inchieste giornalistiche hanno rivelato che nel 2016 l’allora capo del Mossad, Yossi Cohen, avrebbe minacciato Fatou Bensouda, procuratrice della Corte Penale Internazionale (CPI), intimandole di interrompere le indagini sui crimini di guerra israeliani.
“Non vuoi metterti in situazioni che potrebbero compromettere la tua sicurezza o quella della tua famiglia”, le avrebbe detto un avvertimento talmente sfacciato che persino l’ex direttore del Mossad, Tamir Pardo, lo ha definito “ricatto in stile Cosa Nostra”.
Il livello di coinvolgimento di Joseph Kabila con l’intelligence israeliana resta una questione aperta, ma un’inchiesta del Guardian (2024) suggerisce che abbia giocato un ruolo di supporto nelle operazioni del Mossad.
Kabila è stato inoltre accusato di aver ingaggiato, nel 2019, ex agenti del Mossad per spiare i suoi oppositori politici. Il suo legame con Israele ha radici profonde: già il suo predecessore, Mobutu Sese Seko, aveva riallacciato i rapporti diplomatici con Tel Aviv nel 1982, firmando accordi militari con Ariel Sharon per rafforzare il proprio regime.
Oggi, mentre Félix Tshisekedi ridefinisce le alleanze internazionali della RDC, ha intensificato i rapporti diplomatici con Israele, annunciando nel 2020 la nomina di un ambasciatore congolese a Gerusalemme e sostenendo il controverso piano di pace di Donald Trump per il Medio Oriente una posizione che ha suscitato la condanna dell’Unione Africana.
Le immense risorse minerarie del Congo continuano ad attrarre interessi geopolitici, e il coinvolgimento israeliano solleva interrogativi sulla vera natura delle sue ambizioni nel cuore dell’Africa.
Russia
Nel 1960-61, il capo del KGB, Alexander Shelepin, si rende conto della scarsità di agenti russi nell’Africa subsahariana.
L’URSS ha già una presenza in Egitto, Maghreb e Sudafrica, ma è quasi assente nell’Africa centrale.
Mosca invia un numero limitato di agenti per sostenere Lumumba, ma la mancanza di risorse e il rapido intervento statunitense lasciano il campo libero a Mobutu.
La Guerra Fredda intensifica la competizione tra USA e URSS in Africa nel ventennio ’60-’80 .
L’Unione Sovietica fornisce ai paesi africani, inclusa la Repubblica Democratica del Congo (Zaire sotto Mobutu), equipaggiamento militare e supporto economico, mentre gli Stati Uniti sostengono Mobutu come baluardo contro il comunismo.
Con il crollo dell’URSS, nel 1991, la Russia riduce drasticamente la sua influenza in Africa.
Nel frattempo, nel 1997, Mobutu viene rovesciato e la RDC precipita nella Prima Guerra del Congo (1996-1997) e successivamente nella Seconda Guerra del Congo (1998-2003), che coinvolge numerosi paesi africani e diventa uno dei conflitti più sanguinosi dalla Seconda Guerra Mondiale.
Nel quinquennio 2018-2023, la Repubblica Democratica del Congo ha rafforzato i suoi legami economici con la Russia, con la firma di nuovi accordi da parte di Denis Sassou-Nguesso, in particolare nel settore dell’energia nucleare e della cooperazione militare.
Nel 2023, il governo congolese ha finalizzato diverse collaborazioni con le aziende russe in settori cruciali come l'agricoltura, l'energia e le infrastrutture, consolidando così la presenza della Russia nella regione.
Precedentemente, nel 2021, la russa ALROSA (precedentemente al conflitto con la NATO (alle spese della popolazione Ucraina) e la compagnia congolese MIBA (Bakwanga) hanno siglato un memorandum di intesa per potenziare la cooperazione nella Repubblica Democratica del Congo, focalizzandosi su pratiche estrattive sostenibili e sull'innovazione tecnologica nel settore dei diamanti.
Questa partnership arriva dopo l'incidente della miniera di Catoca in Angola, ma l'accento è stato posto sulla responsabilità ambientale e sull'esplorazione e lavorazione dei diamanti.
MIBA, che ha affrontato difficoltà per conflitti interni e crisi finanziarie, beneficia dell’esperienza della controparte russa nel settore, creando opportunità di crescita economica e tecnologica per la RdC.
La collaborazione col gigante siberiano, che controlla vaste risorse diamantifere e produce il 28% dei diamanti globali, è cruciale per il settore minerario congolese.
Con Alrosa e MIBA impegnate a condividere tecnologie e risorse, la partnership promette di rafforzare la posizione della RDC nel mercato globale dei diamanti, consolidando anche le relazioni economiche e geopolitiche della Russia in Africa Centrale.
Giappone
Dal 1990, il Giappone ha intensificato il suo impegno in Africa, soprattutto attraverso il dispiegamento delle Forze di Autodifesa (SDF).
Con l'adozione della Legge di Cooperazione Internazionale per la Pace nel 1992, il governo giapponese ha inviato personale SDF in operazioni di soccorso in Mozambico e in Zaire (oggi Repubblica Democratica del Congo, RDC) per assistere i rifugiati rwandesi durante la guerra civile del 1994.
L'approccio nipponico si è concentrato su operazioni ufficiali, mirando a fornire forniture, assistenza medica, igiene e acqua nelle regioni colpite dalla crisi.
Nel contesto delle risorse, a partire dagli anni '70, compagnie del sol levante hanno iniziato a importare metalli rari dal Sud Africa e cobalto proprio dall'ex Zaire, data la scarsità di risorse naturali nel suo territorio.
Sebbene gli aiuti di Tokyo abbiano affrontato difficoltà nelle regioni francofone dell'Africa, i due paesi hanno mantenuto legami significativi, attraverso i quali, il gigante economico asiatico ha cercato di accedere alle ricchezze minerarie attraverso canali aperti e legali, senza coinvolgersi in operazioni segrete.
Influenza delle istituzioni finanziarie: FMI, Banca mondiale e altri
Grandi istituzioni finanziarie hanno fornito un'assistenza finanziaria e tecnica significativa alla RDC, aiutando a gestire il suo debito e a migliorare la governance economica.
I loro sforzi sembrano promuovere la trasparenza e ridurre la corruzione nelle industrie estrattive, tuttavia, più questi conglomerati bancari intervengono nei progetti locali, più spesso i paesi finiscono indebitati.
L'ombra del FMI e della Banca Mondiale
Il Fondo Monetario Internazionale (FMI) e la Banca Mondiale sono stati profondamente impegnati nel dare forma al panorama economico della Repubblica Democratica del Congo (RDC) attraverso vari programmi di prestito e requisiti di riforma.
Gli accordi recenti includono l'Extended Credit Facility (ECF), valutato a circa 1,8 miliardi di $, e il Resilience and Sustainability Facility (RSF), per un totale di circa 1,1 miliardi di dollari, volti a promuovere la crescita economica, la diversificazione, la creazione di posti di lavoro e la riduzione della povertà , posizionando al contempo la RDC come leader nella transizione globale a basse emissioni di carbonio.
L'approvazione da parte del Consiglio esecutivo del FMI è prevista per metà gennaio 2025. Per accedere a questi fondi, la RDC deve attuare riforme che includano prudenza fiscale, un coordinamento rafforzato tra autorità fiscali e monetarie e una maggiore mobilitazione delle entrate interne.
Le priorità chiave includono un'aderenza più rigorosa alle procedure di spesa pubblica e una governance migliorata nelle imprese statali (SOE) come Gécamines e MIBA, che hanno dovuto affrontare notevoli sfide finanziarie.
Il governo intende pubblicare i bilanci delle SOE sul sito web del Conseil Supérieur du Portefeuille (CNOP) e includere un rapporto sulla loro posizione finanziaria consolidata nella legge di bilancio annuale.
Mentre il FMI e la Banca mondiale professano di sostenere la crescita economica e la riduzione della povertà , i loro programmi di aggiustamento strutturale spesso danno priorità alla stabilità macroeconomica e alla liberalizzazione del mercato, il che può portare a una riduzione della spesa pubblica per i servizi essenziali, esacerbando potenzialmente povertà e disuguaglianza.
Storicamente, le loro politiche si sono concentrate sulla disciplina fiscale, sulla liberalizzazione del commercio e sulla privatizzazione, principi radicati nelle strategie di Washington.
L'enfasi sulle riforme della governance e sulla resilienza climatica potrebbe riflettere il desiderio di proteggere le vaste risorse naturali della RDC per raggiungere gli obiettivi climatici globali, piuttosto che rafforzare realmente le comunità locali.
In definitiva, l'impegno del FMI e della Banca Mondiale nella RDC sottolinea una complessa interazione tra riforma economica e responsabilità sociale, dove la sfida resta quella di gestire queste riforme in modo da salvaguardare la sovranità del Paese e dare priorità al benessere dei suoi cittadini.
Banca di Cina
La Banca della Cina, attraverso l'Export-Import Bank of China (Exim Bank), svolge un ruolo centrale nel finanziamento delle operazioni minerarie e infrastrutturali nella Repubblica Democratica del Congo (RDC).
Nel 2008, la Exim Bank ha siglato accordi con il governo congolese per investimenti infrastrutturali da 6 miliardi di dollari, garantendo in cambio accesso ai giacimenti di Mashamba e Dikuluwe, con una produzione iniziale prevista di 200.000 tonnellate di rame all'anno, espandibile fino a 400.000 tonnellate.
Il finanziamento include ulteriori 2 miliardi di dollari per lo sviluppo minerario.
La Banca Industriale e Commerciale della Cina (ICBC) ha inoltre una partecipazione del 20% in Standard Bank Sudafrica, che opera nella RDC con filiali a Kinshasa e Lubumbashi.
Il coinvolgimento cinese si estende anche al settore formativo con borse di studio per studenti congolesi e progetti di addestramento per lavoratori edili.
L'accordo iniziale tra la Cina e la RDC risale al 2007, con un’intesa tra il governo congolese e le imprese statali China Railway Group Ltd e Sinohydro Corporation, supportate da Exim Bank.
Questo accordo prevede la costruzione di infrastrutture strategiche—strade, ferrovie, centrali elettriche, ospedali e alloggi—finanziate attraverso la concessione di 10,6 milioni di tonnellate di rame e fino a 625.000 tonnellate di cobalto, principalmente dai giacimenti di Kolwezi, nella provincia di Katanga.
L'investimento complessivo è stimato in 3 miliardi di dollari, con i primi 375 milioni di profitti di SICOMINES destinati alla restituzione del debito infrastrutturale.
Nonostante le potenzialità economiche di questi accordi, permangono criticità legate alla trasparenza contrattuale, alle esenzioni fiscali non conformi alla legge mineraria congolese e all’eventuale coinvolgimento di garanzie statali implicite o esplicite su debiti non agevolati, in contrasto con gli accordi della RDC con la comunità finanziaria internazionale.
JP Morgan
Il coinvolgimento di J.P. Morgan nella Repubblica Democratica del Congo (ex Congo Belga) risale ai primi del Novecento, quando il finanziere americano fu tra i protagonisti del consolidamento economico del regime coloniale.
Nel 1906, Morgan incontrò re Leopoldo II del Belgio, mentre altri magnati come Thomas Fortune Ryan, John D. Rockefeller Jr. e Daniel Guggenheim si riunivano a Bruxelles per negoziare concessioni. Ne risultò la American Congo Company, che ottenne un contratto di 99 anni su 4.000 miglia quadrate per lo sfruttamento della gomma, con opzione per altre 2.000.
Parallelamente, gli stessi finanzieri crearono la Société Internationale Forestiere et Minière du Congo (Forminière), che acquisì il monopolio minerario su una vasta regione del Congo Libero.
Nel 1926, Ernest Oppenheimer, fondatore di Anglo American, entrò nel consiglio di amministrazione di De Beers, consolidando il monopolio globale dei diamanti fino alla sua morte nel 1957.
Anglo American era stata fondata con il supporto finanziario di J.P. Morgan, segnando l'inizio di una rete di influenza che legava il colosso bancario al commercio dei diamanti africani (inclusi quelli della odierna DRC).
Oppenheimer fu più volte accusato di manipolazione dei prezzi e pratiche monopolistiche, oltre che di aver trattenuto diamanti industriali durante la Seconda Guerra Mondiale, danneggiando lo sforzo bellico degli Alleati.
In tempi più recenti, J.P. Morgan ha affinato il proprio ruolo nell'analisi delle attività finanziarie illecite.
La sua Financial Intelligence Unit ha collaborato con il Dipartimento della Sicurezza Interna degli Stati Uniti per sviluppare modelli predittivi su traffici illeciti, inclusa la tratta di esseri umani.
Questa unità ha identificato schemi sospetti basati su transazioni atipiche, come spese elevate in orari insoliti.
Tuttavia, il suo approccio selettivo ha sollevato interrogativi sulla trasparenza delle proprie operazioni, soprattutto considerando il coinvolgimento storico della banca nel finanziamento di reti minerarie e monopolistiche nel Congo.
Sebbene oggi J.P. Morgan si presenti come un attore della compliance finanziaria internazionale, il suo legame con la RDC rimane segnato da un passato controverso, caratterizzato da influenze nel settore minerario e dei diamanti, che hanno contribuito a plasmare lo sfruttamento economico della regione.
Aziende e Investimenti:
Mwana Africa Plc
Un attore importante nel settore dei diamanti della RDC, Mwana Africa Plc è coinvolta in vari progetti minerari in tutto il paese.
Le operazioni della società includono i progetti MIBA e SACIM , che sono cruciali per la produzione di diamanti della RDC.
Società Minière de Bakwanga (MIBA)
La Société Minière de Bakwanga (MIBA) è stata storicamente una delle principali aziende minerarie della Repubblica Democratica del Congo (RDC), con l’80% delle quote controllate dallo Stato congolese.
Operava nel settore dei diamanti, che rappresenta una parte significativa delle entrate statali, essendo il paese uno dei maggiori produttori mondiali per volume.
Durante il periodo di transizione politica, la MIBA ha quasi dichiarato bancarotta a causa di una gestione inefficiente e della corruzione diffusa tra i dirigenti nominati politicamente.
Per sopravvivere, ha dovuto ricorrere a prestiti onerosi ottenuti in condizioni opache.
Nonostante le raccomandazioni della Commissione d’Inchiesta di sospendere la firma di contratti minerari fino alla fine della transizione, il governo congolese ha continuato a concludere accordi poco trasparenti con multinazionali.
Alcuni di questi riguardavano joint venture tra lo Stato e società minerarie, tra cui la MIBA.
Gli esperti hanno denunciato che tali accordi sono stati firmati in violazione del Codice Minerario del 2002 e senza alcuna trasparenza, ignorando persino i consigli di consulenti internazionali come IMC Group Consulting Ltd., incaricati dalla Banca Mondiale.
Un esempio eclatante di corruzione è rappresentato da Sengamines, joint venture creata nel 1999 tra MIBA e Oryx Natural Resources.
Questa società rifletteva gli interessi degli alleati zimbabwiani del presidente Joseph Kabila e operava in un contesto di corruzione e favoritismi.
Le condizioni dell’accordo favorivano Oryx a scapito dello Stato congolese. Sengamines ha cessato le sue attività nel 2005 per ragioni mai completamente chiarite.
A partire dal 2006, con il collasso della MIBA, l’estrazione di diamanti in Congo è diventata quasi interamente artigianale.
La MIBA stessa ha finito per dipendere dall’acquisto di diamanti estratti da minatori artigianali, mentre il settore industriale ha perso peso.
La miniera ufficiale della MIBA è stata spesso infiltrata da gruppi armati, con i soldati che sorvegliavano illegalmente i cercatori di diamanti.
La storia della MIBA riflette le problematiche più ampie dell’industria mineraria congolese: corruzione, mancanza di trasparenza nei contratti, interferenze politiche e la progressiva informalizzazione del settore.
Oggi, il paese continua a esportare oltre il 20% dei diamanti mondiali, ma quasi esclusivamente attraverso il lavoro di minatori artigianali, con scarsi benefici per lo Stato. (vedi anche qui sotto la SACIM)
Société Anhui-Congo d'Investissement Minier Sprl (SACIM)
Aa La Société Anhui-Congo d'Investissement Minier Sprl (SACIM) è una joint venture tra il governo della Repubblica Democratica del Congo (RDC) e la cinese Anhui Foreign Economic Construction Group.
L’accordo, siglato il 18 marzo a Kinshasa dai ministri Louise Munga Mesozi (Patrimonio Statale) e Martin Kabwelulu Labilo (Miniere), ha garantito alla società cinese l’accesso a riserve diamantifere stimate in 158,8 milioni di carati nella provincia del Kasaï Orientale (Africa Intelligence).
Questo contratto ha segnato un passo significativo per la penetrazione cinese nel settore minerario congolese, mentre le storiche aziende minerarie locali, come Gécamines e MIBA, erano in difficoltà finanziarie e cercavano investitori stranieri (Bloomberg).
Si prevedeva una produzione annua di 6 milioni di carati entro il 2016, con l’obiettivo di quotare la società in borsa (Bloomberg).
Secondo Global Witness, il settore industriale minerario congolese non può sostenere da solo milioni di carati estratti ogni anno senza il contributo dei minatori artigianali.
Questo ha sollevato preoccupazioni sulla reale trasparenza delle operazioni di SACIM, che potrebbe dipendere più dall’estrazione artigianale che da un’autentica attività mineraria industriale.
Oltre alla SACIM, altre aziende stanno esplorando le risorse diamantifere congolesi. Delrand Resources, in collaborazione con Rio Tinto, ha individuato potenziali giacimenti ricchi di granati lherzolitici e ilmeniti kimberlitiche, indicatori della presenza di diamanti di alta qualità .
L’accordo con la SACIM rappresenta un’ulteriore espansione della Cina nel settore minerario congolese, consolidando il dominio cinese sulle risorse del paese.
Tuttavia, restano interrogativi sulla trasparenza dell’estrazione, sulle condizioni degli accordi e sul possibile coinvolgimento del lavoro artigianale nell’estrazione industriale ufficiale.
Il ruolo dei servizi segreti
La RDC è da tempo un punto focale di intrighi e conflitti internazionali, con le sue vaste risorse minerarie, in particolare i diamanti, che agiscono sia come una benedizione che come una maledizione.
Il coinvolgimento della CIA nel paese, oltre al sopracitato assassinio di un suo presidente, durante la Guerra Fredda ha svolto un ruolo fondamentale nel plasmare il panorama politico, in particolare attraverso il suo sostegno a Joseph Mobutu, che considerava un affidabile alleato filo-occidentale.
L'ascesa al potere di Mobutu, sostenuta dall'agenzia “delle 3 lettere”, seguì la “rimozione” del Primo Ministro Patrice Lumumba.
L'amministrazione statunitense dell'epoca era particolarmente interessata alla ricchezza mineraria del Congo, tra cui l'uranio , che era vitale per le armi nucleari .
Il coinvolgimento della CIA si intensificò dopo gli anni '60 , segnato dalla sua partecipazione a operazioni come l' assalto di Stanleyville nel 1964.
Questa operazione mirava a salvare gli ostaggi dalle aree controllate dai ribelli e rafforzò l'impegno degli Stati Uniti nel mantenere la stabilità nelle regioni ricche di risorse.
Il governo nordamericano collaborò a stretto contatto con le controparti belghe, che avevano forti legami con l'industria mineraria del Congo, per garantire che il controllo sulla ricchezza mineraria del paese rimanesse nelle mani delle potenze occidentali.
Questa partnership sottolineò l'importanza strategica delle risorse del Congo nei calcoli geopolitici sia degli Stati Uniti che dei suoi alleati.
Negli anni del regime di Mobutu Sese Seko, la corruzione e la cattiva gestione divennero sempre più evidenti, con gravi conseguenze per la Repubblica Democratica del Congo.
Nonostante il paese fosse ricco di diamanti, rame, cobalto e altre risorse, la popolazione congolese rimase ai margini della crescita economica.
Mobutu utilizzava il controllo delle risorse minerarie come uno dei pilastri del suo potere, permettendo alle multinazionali straniere di sfruttare i giacimenti senza alcuna redistribuzione equa della ricchezza.
Questa strategia, sebbene utile a mantenere alleanze con attori internazionali, si rivelò disastrosa per la stabilità interna. L’inevitabile declino economico finì per minare la stessa sicurezza che la CIA aveva cercato di preservare nella regione.
Tuttavia, il ruolo degli Stati Uniti nella RDC non si limitò al sostegno di Mobutu.
Le dinamiche politiche interne del paese erano complesse, ma vennero amplificate dall’intervento americano, spesso attraverso operazioni segrete gestite dalla CIA.
Una delle figure chiave di questo approccio fu Susan Rice, allora assistente speciale del presidente Bill Clinton e Senior Director per gli Affari Africani presso il Consiglio per la Sicurezza Nazionale.
Rice fu direttamente coinvolta nel sostegno all’invasione della RDC nel 1998, condotta da ribelli sponsorizzati da Uganda e Ruanda.
Secondo un’inchiesta pubblicata dalla New York Review of Books nel settembre 2009, firmata da Howard French, Rice adottò una politica di complice disinteresse di fronte all’intervento armato nella regione, facilitando di fatto una delle operazioni più letali dell’epoca.
Come riportato nell’articolo:
“Museveni [dell'Uganda] e Kagame [del Ruanda] concordano sul fatto che il problema principale nei Grandi Laghi sia il rischio di una rinascita del genocidio, e sanno come affrontarlo. L’unica cosa che dobbiamo fare è guardare dall’altra parte.”
Nel 1998, la stessa Rice dimostrò la sua visione geopolitica aggressiva, coordinando il bombardamento di una fabbrica farmaceutica in Sudan e minacciando il Sudafrica con la distruzione economica se non avesse rinunciato alla produzione di farmaci generici contro l’AIDS.
Il caso della RDC non fece eccezione: l’invasione dei ribelli sostenuti da Uganda e Ruanda fu tollerata e, secondo diverse fonti, persino incoraggiata dagli Stati Uniti.
Il risultato fu un conflitto devastante che sconvolse la regione per anni, rafforzando il controllo di attori esterni sulle risorse minerarie congolesi e lasciando il paese in una crisi profonda.
Con l'indebolimento del regno di Mobutu, il suo controllo sull'industria mineraria e sulle regioni ricche di diamanti divenne centrale nelle lotte politiche dell'epoca.
Lo sfruttamento delle risorse naturali del Congo, in particolare dei diamanti, preparò il terreno per i successivi conflitti che afflissero il paese.
L'eredità di Mobutu lasciò uno stato frammentato, pronto per lo sfruttamento da parte sia delle fazioni interne che di entità straniere che cercavano di trarre profitto dalla ricchezza del paese.
Il ruolo dei servizi segreti basati negli Stati Uniti, sebbene concepito per proteggere gli interessi geopolitici di Washington, ha lasciato un'impronta profonda sull'instabilità del Congo.
In particolare nelle regioni ricche di diamanti, le lotte di potere sono continuate, contribuendo alle pessime condizioni sociali e finanziarie del paese.
I preziosi minerali della RDC sono diventati un punto focale nella più ampia competizione globale per le risorse e le manipolazioni di personaggi potenti, come il coinvolgimento del capo del Mossad Yossi Cohen con il miliardario israeliano Dan Gertler, hanno continuato a complicare il panorama politico, dimostrando che l'estrazione della ricchezza del Congo avrebbe continuato a essere legata a interessi stranieri e all'apparato di sicurezza che supportava tali interessi.
Sfide e scandali
La Repubblica Democratica del Congo (RDC), pur essendo uno dei paesi più ricchi di risorse naturali al mondo, è oggi tra le nazioni più povere, classificandosi al 163° posto su 180 nel Corruption Perceptions Index di Transparency International del 2024.
L’instabilità politica, i conflitti e una corruzione radicata hanno devastato il paese per decenni.
Già sotto Mobutu Sese Seko (1965-1997), il regime divenne una "cleptocrazia" con un sistema di clientelismo e appropriazione indebita di fondi pubblici.
Mobutu accumulò tra 5 e 125 miliardi di dollari, mentre il paese scivolava nell’impoverimento. Il suo successore, Laurent Kabila (1997-2001), non riuscì a fermare la corruzione e fu assassinato da una delle sue guardie del corpo.
Suo figlio Joseph Kabila (2001-2019) fu implicato nello scandalo “Congo Hold-Up”, che rivelò un presunto dirottamento di 138 milioni di dollari dal tesoro nazionale tra il 2013 e il 2018.
Il settore minerario, in particolare quello dei diamanti, è al centro della corruzione. L'estrazione artigianale coinvolge circa 1 milione di lavoratori, spesso in condizioni disumane, mentre il contrabbando priva il paese di risorse vitali.
Le élite politiche e militari traggono profitti illeciti da queste ricchezze, lasciando la popolazione in condizioni di estrema povertà , con 25,6 milioni di persone in grave insicurezza alimentare (FAO, 2024).
Sebbene il presidente Félix Tshisekedi (dal 2019) abbia avviato indagini e riforme anti-corruzione, il sistema rimane permeato da impunità e mancanza di trasparenza.
Il caso dell'ex capo di gabinetto Vital Kamerhe, condannato nel 2020 per aver sottratto 50 milioni di dollari, ma rilasciato dopo soli due anni, è emblematico della difficoltà nel perseguire i responsabili.
Con il saccheggio delle sue ricchezze e un governo incapace di garantire servizi essenziali, la RDC resta intrappolata in un ciclo di sfruttamento, conflitti e povertà .
Sviluppi recenti: divieto di esportazione di cobalto e il suo impatto sull'industria dei diamanti
del cobalto stanno salendo alle stelle mentre un inaspettato divieto di esportazione dal più grande paese produttore al mondo alimenta una crescente incertezza lungo la filiera.
Il valore dell'idrossido di cobalto , il principale prodotto esportato dalla Repubblica Democratica del Congo, è balzato dell'84 percento da quando il paese ha imposto una sospensione di quattro mesi sulle spedizioni nel febbraio 2025, per frenare un eccesso, mentre quello del metallo di cobalto è aumentato di oltre il 43 percento.
Il Congo rappresenta circa tre quarti della produzione mondiale di batterie (per le cosiddette auto ecologiche ), e l'impennata dei prezzi sta scatenando preoccupazioni sulla fornitura, con il mercato che valuta con cautela le transazioni spot , i livelli di inventario e le prossime potenziali misure che potrebbero seguire alla sospensione.
L'impatto completo del divieto è ancora in fase di valutazione.
Guangdong Yunchuang New Energy Industry Co., un produttore cinese di celle utilizzate nei prodotti elettronici, ha recentemente comunicato ai clienti che i costi per tutti i nuovi ordini di batterie dovranno essere rivisti e che molti produttori di ossido di litio e cobalto hanno smesso di quotare i prezzi, secondo un documento visionato da Bloomberg e confermato dal presidente dell'azienda Wu Shicheng.
Il recente divieto di esportazione di cobalto sottolinea le vulnerabilità all'interno delle industrie estrattive della Repubblica Democratica del Congo , che non riguardano solo il settore dei metalli per batterie, ma sollevano anche preoccupazioni sulle implicazioni più ampie per la gestione delle risorse.
Mentre l'estrazione di cobalto e diamanti avviene attraverso distinte catene di fornitura, condividono un filo conduttore comune di sfruttamento del lavoro , condizioni di lavoro pericolose e instabilità geopolitica .
Con il governo che rafforza il controllo sulle esportazioni di cobalto, l'estrazione illecita di diamanti potrebbe aumentare come fonte alternativa di entrate , sia per gli attori statali che per i gruppi armati.
Inoltre, le multinazionali che dominano l'industria estrattiva, come quelle collegate alle catene di fornitura cinesi e occidentali, hanno spesso interessi acquisiti nell'estrazione di diamanti, intrecciando ulteriormente questi settori.
I gruppi di difesa continuano a denunciare sia il commercio illegale sia il pedaggio umanitario/ambientale di queste industrie, ma riforme significative rimangono elusive .
Questa incertezza evidenzia il precario equilibrio tra controllo delle risorse e stabilità economica, sollevando interrogativi critici sulla capacità del Congo di gestire la sua vasta ricchezza mineraria senza radicare ulteriormente i problemi sistemici nei suoi settori minerari.
Considerazioni finali
Le industrie estrattive di diamanti e cobalto della Repubblica Democratica del Congo sono sia promettenti che pericolose.
Le pratiche non regolamentate perpetuano il lavoro minorile, lo sfruttamento e il danno ambientale.
Gli attivisti senza frontiere raccomandano normative più severe, protezioni per i bambini e pratiche sostenibili, ma nella maggior parte dei casi le loro parole restano sulla carta.
Gli analisti suggeriscono che, promuovendo la collaborazione tra le parti interessate, la RDC potrebbe dare priorità ai diritti umani e alla crescita etica, riducendo al minimo i costi umanitari ed ecologici.
La storia dimostra che, ogni volta che i mercati e gli economisti si intromettono, il denaro finisce in poche tasche e la gente comune continua a soffrire.
Il recente divieto di esportazione evidenzia le vulnerabilità nella catena di fornitura globale e sottolinea la necessità di una migliore governance e trasparenza, ma nello stato attuale delle cose, non solo per questo gigante africano.
Articolo di: Dario Marchiori
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