All'alba del 2024, l'ombra dei computer quantici, dell’automazione robotica e dei super elaboratori si allunga minacciosamente, pronta a sostituire la mente umana, tanto illogica quanto creativa, in molte delle sue attività.
Persino il leggendario ingegno italiano sembra vacillare in questo nuovo contesto.
Che questa luce innovativa, che un tempo si rifletteva anche nell'arte della lavorazione di gioielli e pietre preziose, si stia affievolendo?
Che fine ha fatto l'arte lapidaria di una nazione che ha tanto contribuito al mondo delle gemme?
Qual è il destino dell'abilità italiana nello sfaccettare diamanti, un'arte che affonda le sue radici forse nella Venezia del Trecento?
All’orizzonte, computer quantici ed elaboratori superpotenti minacciano di rimpiazzare l’illogica, ma creativa mente umana in molte delle sue mansioni.
Anche il famoso ingegno italiano vive un momento di difficolta’.
Questa esuberanza innovativa si manifestava, un tempo, anche nella lavorazione di gioielli e pietre preziose.
Ma cos’è successo all’arte lapidaria di una nazione che tanto ha dato al mondo delle pietre preziose?
Qual è il destino dell’abilità italiana nello sfaccettare i diamanti, nata forse proprio a Venezia nelle prime decadi del Trecento?
Dove sono le famiglie nobili come i De Medici, con Lorenzo il “Magnifico” - uno dei maggiori ispiratori del movimento artistico conosciuto come il Rinascimento - che potevano fregiarsi di stendardi (Impresa Perosnale) recanti una delle prime immagini di diamanti tagliati al mondo?
Dov’è finita l’inventiva che ha portato alla nascita di nuovi tagli, come quello a Rosa, forse ideato da Giacomo Tagliacarne e Giovanni delle Corniole nei primi del Cinquecento, o il taglio Doppio di Vincenzo Peruzzi e il taglio Triplo del Cardinale Giulio Mazzarino nel Seicento, che hanno gettato le basi per il moderno taglio a Brillante Rotondo?
Che fine ha fatto la destrezza manuale che ha aiutato personaggi come Clemente Birago, che nel 1564 tentò di trasferire sul diamante l'effigie di Don Carlos, o Ambrogio Caradosso, che già nel 1503 aveva inciso la figura di un Padre della Chiesa su un diamante appartenuto a papa Giulio II, o ancora Jacopo da Trezzo, che incise pietre pregiate, in particolare un granato con i busti "affronte" di Filippo II e suo figlio Don Carlos?
Dove si nascondono i nuovi Benvenuto Cellini, orafo, gioielliere ed esperto lapidario del Seicento, che realizzò opere come lo straordinario Botton d’Oro, una spilla speciale per il mantello di papa Clemente VII?
Dove sono i diamanti importanti, come il Gran Mogol, sfaccettato da Ortensio Borgio (quasi a costo della sua testa), o il Farnese Blu, prodotto dalla straordinaria manualità del veneziano Giuseppe Angeloni?
Anche se le notizie storiche dell’esistenza di alcuni di questi artisti e la relativa attribuzione delle forme innovative di sfaccettatura del diamante sono tuttora dibattute, resta il fatto che nei secoli passati la vivacità d’ingegno mostrata da orafi e lapidari del Bel Paese è stata stupefacente.
Esiste ancora questo anelito all’estetica assoluta e questa voglia d’innovazione che ha caratterizzato una nazione che oggi prende il nome di Italia?
Qualcuno ha portato avanti questa tradizione: il nome di colui che fino a non molti anni fa poteva issarsi sull’Olimpo dei tagliatori di diamanti è Nino Bianco.
Chi era Nino Bianco?
Antonio Ermanno Bianco, conosciuto come "Nino" nel mondo dei diamanti, fu un maestro tagliatore di diamanti di fama mondiale.
Nato il 26 dicembre 1951 a Johannesburg, Sudafrica, da una famiglia italiana di tagliatori di pietre preziose, Bianco divenne una leggenda nel suo campo, creando alcune delle gemme più spettacolari per i collezionisti più facoltosi del mondo.
Bianco morì il 15 giugno 2009, lasciando un'eredità duratura nella storia dell’arte lapidaria.
Suo padre si occupava di pietre semipreziose e suo fratello maggiore sfaccettava diamanti.
A soli 11 anni, Nino cominciò ad aiutare suo papà, acquisendo le basi del mestiere.
All'età di 18 anni, iniziò la sua formazione formale come diamantaio, sviluppando rapidamente una reputazione per la sua sveltezza e precisione.
Col tempo si distinse particolarmente per il taglio di pietre di grandi dimensioni, tra cui un numero significativo di pietre di peso superiore a 100 carati (20 g), compreso il "Dream Diamond", un diamante giallo colorato fantasia da 100 carati (20 g) che ha prodotto per la società di diamanti Graff nel 2006, con un valore stimato all'epoca di 13 milioni di sterline.
La Carriera a New York
Nel 1976, dopo anni di lavoro solitario, Nino Bianco si trasferì negli Stati Uniti per collaborare con la Safdico (South African Diamond Corporation).
Safdico è un acquirente preferenziale (fino al 60%) della produzione annuale di diamanti grezzi alluvionali della miniera di Lulo.
Questa compagnia fornisce a Graff alcuni dei diamanti più iconici e preziosi venduti nei suoi punti vendita.
Col tempo, Bianco si stabilì nel famoso distretto dei diamanti di New York, lungo la 47th Street, tra la Fifth e la Sixth Avenue a Manhattan, nota anche come Avenue of the Americas.
Si dice che questa decisione non fu completamente sua, ma venne influenzata dalla moglie Caterina Cilluffo.
Nonostante il prestigio della posizione, Bianco non si adattò facilmente al nuovo ambiente.
Le condizioni di lavoro non erano ideali; operava in un piccolo laboratorio senza finestre, dove si dedicava alle sue creazioni.
Nonostante ciò, alcune delle gemme più grandi e preziose del mondo furono prodotte proprio lì.
Il suo lavoro era caratterizzato da una meticolosa attenzione ai dettagli e da una straordinaria capacità di scoprire il potenziale nascosto nelle pietre grezze.
Con il passare del tempo, le straordinarie abilità di Antonio Bianco furono finalmente riconosciute, e gli furono affidate gemme di grande importanza.
Questo momento segnò una svolta nella sua carriera, permettendogli di continuare a lavorare con pietre eccezionali, mantenendo intatto il suo impegno per l'eccellenza e la perfezione.
Nonostante la posizione prestigiosa che aveva raggiunto, “Nino” non si sentì mai del tutto a casa nella caotica New York.
Fu solo grazie alla convinzione della moglie, conosciuta poco dopo il suo arrivo nella Grande Mela, che decise di restare negli Stati Uniti.
Bianco possedeva una voce melodiosa, così bella che, se non fosse stato un maestro diamantaio, forse avrebbe potuto seguire una carriera da cantante lirico, come aveva fatto suo fratello Luigi (mentre suo fratello maggiore, Ermanno, faceva il suo stesso mestiere, il diamantaio).
Nel suo mestiere, utilizzava questa sua dote per celebrare le sue creazioni.
Come ricordò Hoda Esphahani, presidente di Safdico USA, in un’intervista al New York Times: "Cantava opera, e quando cantava opera, sapevo che la pietra era quasi finita e che avremmo avuto ottimi risultati.
Faceva tutto a mano, anche i lavori che altrove venivano meccanizzati.
Le sue pietre finite spesso superavano di gran lunga i pesi previsti dalle macchine di scansione più avanzate.
" I suoi colleghi lo definivano "lo Stradivari delle pietre" e lo consideravano uno dei più grandi maestri tagliatori di diamanti al mondo.
Era particolarmente ammirato per la sua capacità di guardare la superficie opaca e informe di un diamante grezzo e di intuire il cristallo finito, con tutte le sue sfaccettature brillanti, in attesa di essere liberato, un po’ come Michelangelo con le sue sculture.
Comprendeva anche come il colore di un diamante Fancy potesse essere intensificato attraverso un taglio sapiente, sapendo che il calore della mola rendeva le molecole della pietra eccitate e irritabili, il che poteva alterarne l’aspetto.
Bianco lasciava spesso riposare i suoi diamanti finché non si raffreddavano, prima di riprendere il lavoro.
Il risultato erano brillanti in sorprendenti tonalità di rosa, blu e altre sfumature.
I grandi commercianti di preziosi spesso lo invitavano dall'altra parte del mondo all'ultimo minuto per esaminare pezzi che stavano considerando di acquistare.
Nonostante tutto, per oltre 30 anni, ha lavorato nell'anonimato più felice in un piccolo laboratorio nel distretto dei diamanti di New York, sfaccettando alcune delle pietre più grandi, rare e preziose del suo tempo.
Il suo modesto laboratorio era solido e familiare, un ambiente cruciale per un professionista della precisione come il diamantaio italo-sudafricano, secondo colleghi come Bruno Zoppolato.
Un altro fattore altrettanto vitale era l’assenza di vibrazioni e la quiete assoluta.
Quando si trattava di maneggiare oggetti dal valore di milioni di dollari, con la necessità di essere precisi al centesimo di grammo, l’assoluta tranquillità dell’ambiente era imprescindibile.
Si dice che la morte abbia colto Bianco poco dopo il suo trasferimento sulla Fifth Avenue di New York.
Dopo un anno di insistenze da parte della moglie, Bianco si spostò dal suo piccolo “sgabuzzino” in un’area discreta a un nuovo ambiente nei piani alti di uno sfarzoso grattacielo, costruito non in solido cemento, ma in armatura di metallo, flessibile contro vento, terremoti e altre minacce esterne.
Queste strutture sono avverse ai tagliatori di precisione, proprio per la loro propesione ad essere flessibili e quindi proni alle vibrazioni.
Questo cambiamento, tanto desiderato dalla sua famiglia, potrebbe aver influito negativamente sulla sua salute.
Non trascorse molto tempo tra il suo trasferimento e la sua dipartita dal mondo.
Ci sono cose che il denaro non può comprare, e forse anche questo ne è un esempio.
Circondato da tanta ricchezza, Bianco potrebbe essere stato privato della sua parte più pratica e umile.
Nel suo piccolo laboratorio senza finestre, nel profondo del labirinto degli uffici Safdico a New York, trascorreva ore da solo ogni giorno, con solo il ronzio delle sue mole a fargli compagnia.
Spesso riusciva a "sentire" un nodo o un difetto all'interno della pietra dal modo in cui la mola cambiava il suo canto man mano che il nodo si avvicinava.
Per Bianco, tagliare un grande diamante era una danza di corteggiamento prolungata, che poteva durare quasi un anno.
Prima di iniziare a sfaccettare, trascorreva mesi a studiare la pietra, creando e lucidando piccole "finestre" lungo la sua parte esterna in modo da poterne scrutare il cuore.
Quando iniziava il taglio vero e proprio, poteva dedicare un mese a una singola sfaccettatura.
Persone eccezionali richiedono condizioni altrettanto straordinarie. Forse questo fu quello che porto allá vita ed alla morte di Bianco, il cambio repentino di queste condizioni.
La collaborazione con Graff
Laurence Graff fu un imprenditore britannico di origine sudafricana, noto principalmente per il suo ruolo di fondatore e presidente di Graff Diamonds, una delle più prestigiose gioiellerie di diamanti di alta gamma al mondo.
Nato nel 1938 a Johannesburg, iniziò la sua carriera nel settore della gioielleria come apprendista in un negozio locale, per poi espandere il suo business a livello internazionale.
Quale esperto mondiale, riconobbe l'importanza del talento umano nel processo di trasformazione delle gemme grezze, un principio che fu chiaramente dimostrato dal lavoro di Nino Bianco.
Con gli anni, accumulò una delle più grandi collezioni di diamanti oltre i 100 carati e rese noti i suoi acquisti per sensibilizzare il pubblico su queste pietre rare.
Egli affermava che il successo nel taglio di queste gemme dipendeva dalle persone piuttosto che dalle macchine: "Le macchine sono importanti, ma alla fine ciò che conta sono i sensi, il cuore, la passione e il rischio".
Questo principio si manifestò nel lavoro di Bianco, che, superando le previsioni tecnologiche, creò un magnifico diamante di quasi esattamente 100 carati, confermando la superiorità dell’ingegno umano nel raggiungere lo zenith nel taglio dei diamanti.
Nino Bianco eseguiva ogni passaggio del suo lavoro a mano, anche quei compiti che altrove erano stati ormai affidati alle macchine.
La sua abilità era tale che non solo rispettava le previsioni delle tecnologie di scansione più avanzate, ma spesso le superava, dimostrando quanto la maestria umana fosse insostituibile quando si trattava di perfezionare il taglio dei diamanti.
Le pietre lavorate da Bianco non solo raggiungevano il peso previsto, ma frequentemente lo superavano, confermando la sua capacità unica di elevare l'arte del taglio ben oltre i limiti imposti dalla tecnologia.
Non era raro che anche Graff si affidasse a lui per esaminare diamanti in qualsiasi parte del globo, prima di prendere una decisione di acquisto.
Di lui, Graff diceva: "Nino è una star. Ci sono pochissime persone rimaste nel settore che possiedono quel tipo di abilità."
Bianco faceva parte di una ristretta élite di tagliatori a cui venivano affidati i diamanti più grandi e dai colori più rari al mondo, sfide che avrebbero messo alla prova anche i più esperti.
Ettagale Blauer, direttore di New York Diamonds, una rivista di settore, sottolineò in una intervista telefonica: "Di solito, i diamanti molto grandi vengono tagliati ad Anversa.
E nel settore del taglio dei diamanti di New York, che si è ridotto come un maglione lavato male, lui era uno dei pochissimi in grado di lavorare le pietre più imponenti."
Il Diamante "Flame"
Uno dei capolavori di Bianco fu il diamante "Flame" (Fiamma, in italiano), una gemma impeccabile a forma di goccia da 100 carati, che Bianco tagliò da grezzo di circa 225 carati, estratto in Angola.
Questo diamante, con la sua eleganza e bellezza unica, superò in prestigio tutte quelle nella stessa categoria conosciute.
Quando vide il cristallo appena recuperato, per la prima volta, Bianco esclamò: "Sento odore di 100 carati!" Nonostante le sfide presentate dal materiale originale, Nino riuscì a trasformarla in una gemma di inestimabile valore, impressionando anche i più esperti del settore.
Il Flame (la Fiamma) ha un peso finale di 100 carati, taglio a goccia, incolore, di eccezionale luminosità e purezza interna.
Di proprietà di Laurence Graff, il suo valore è sconosciuto. Prima di toccare il cristallo di tipo IIa, l’italo-sudafricano lo studiò per mesi.
La pietra grezza rimanente era piena di gletzes (minuscole crepe piumose) e aghi (strutture cristalline lunghe e sottili).
Scrutandola intensamente, Bianco commentò: "Potevo vedere un nido di imperfezioni a occhio nudo."
Il famoso diamantaio continuò analizzandola in quadrati come se fosse stata un dipinto, per comprenderne le proporzioni. Più tardi, lui stesso commentò: "I quadrati mi aiutano a mantenere la forma in mente. Memorizzo tutti i problemi. I più grandi errori sono illusioni ottiche. I tagliatori fanno questo; sono esseri umani."
Bianco comparò la lucidatura della grossa pietra alla pulitura di un pezzo di ghiaccio, sicuro che la gemma finita avrebbe superato il magico traguardo dei fatidici 100 carati.
Rammentando il processo, confessò: "Quando la pietra era a 104,10 carati, con solo la tavola da finire," ricordava, "sapevo che avrei raggiunto il peso. Alla fine, per la prima volta in vita mia, le gambe mi si sono afflosciate."
Alla fine della lunga fase di analisi, Bianco ottenne un diamante rifinito di 102,44 carati.
Graff lo considerò un capolavoro, ma, apparentemente andando contro ogni logica del mercato, che vuole ogni punto di un bene tanto prezioso risparmiato, gli chiese di ottenere un diamante del peso tondo di 100 carati.
Dopo un ulteriore periodo di rivalutazione, Nino consegnò al magnate una pietra del peso richiesto, che ottenne il certificato "100-carat, pear shape D Internally Flawless Diamond", ossia un capolavoro di 100 carati, a goccia, di “colore” D internamente puro, dal Gemological Institute of America.
Alla vista di tanta perfezione, il milionario inglese ebbe a dichiarare: "Nino è un grande artista, solo pochissimi tagliatori al mondo hanno la sua abilità."
In maggio 2012, "Graff Diamonds" fece il suo ingresso nella Borsa di Hong Kong e il Flame, montato su una collana con molti altri brillanti, venne mostrato in pubblico come pezzo forte per la presentazione della società.
Il Diamante "Golden Star"
Un altro dei trionfi dell’artista eurafricano fu il "Golden Star", un diamante giallo vivido (Fancy Vivid Yellow) da 101,28 carati, con una limpidezza VS-1 ottenuto da un pezzo orginario di 204,03 carati."
Il "Golden Star" è uno dei diamanti gialli più grandi e preziosi del mondo, posizionandosi nei primi 30 tra i famosi diamanti gialli di peso superiore a 100 carati.
Questa pietrsa, infatti occupa la 28a posizione, appena sotto il diamante Alnatt un giallo vivido fantasia, taglio cuscino di 101,29 carati.
Esso fu scoperto nella famosa miniera Finsch situata nel Capo Settentrionale, in Sud Africa.
Dopo una parziale lavorazione a Johannesburg, fu inviato al laboratorio Graff di New York, dove NIno lo trasformò in un magnifico piccolo capolavoro con taglio a cuscino.
La perdita di peso comportata dal processo fu di 103 carati, pari al 50,5%, inferiore allá maggior parte delle pietre di questo calibro.
Diamante Graff Vivid Yellow
Il Graff Vivid Yellow, è un impressionante diamante molto vicina ai 20 grammi esatti.
Con i suoi 100,09 carati, e’ ancora oggi considerata una tra le gemme più grandi e notevoli al mondo.
Essendo un Fancy Vivid Yellow di tipo Ib, rappresentava solo lo 0,1% circa di tutti i diamanti naturali.
Durante un'asta a Ginevra, venne venduto per 16,3 milioni di dollari, all'asta di Magnifici e Nobili Gioielli di Sotheby's, tenutasi all'Hôtel Beau-Rivage, stabilendo un record mondiale per un diamante giallo.
La pietra di colore narciso, montata su un anello, venne descritta dalla casa d'aste come una gemma con "fuoco e brillantezza straordinari", attirando acquirenti da oltre 30 paesi.
Precedentemente conosciuto come "Dream Diamond", il Graff Vivid Yellow era un'affascinante pietra grezza da 190,72 carati, acquistata a Kimberley, in Sudafrica, da Laurence Graff, un rinomato conoscitore e collezionista di diamanti colorati.
Graff rimase impressionato dal suo intenso colore giallo dorato, uno dei più rari che avesse mai visto.
La pietra sembrava essere in fiamme, irradiando spontaneamente sensazionali colori arancione e giallo che ricordavano il sole dorato.
"Il Re dei Diamanti" fu ipnotizzato dall'aspetto della pietra.
Il colore del diamante grezzo era così eccezionale che suscitò immediatamente sospetti sulla sua autenticità, poiché solo i diamanti colorati artificialmente potrebbero avere tinte così perfette.
Graff inviò il cristallo al Gemological Institute of America per la certificazione e fu gratificato dai risultati che dimostrarono che era interamente naturale.
Il maestro tagliatore Nino Bianco, noto per il suo lavoro meticoloso, trasformò la pietra in un capolavoro di taglio cuscino durante nove mesi di arduo lavoro.
Dopo un periodo di studio approfondito del grezzo, Bianco si mise a lavorare su questo ambizioso progetto.
Immerso totalmente nel compito, impiegò altri nove mesi in un processo incessante di impegno totale e manovre infinite.
La dedizione e l'abilità di Bianco furono cruciali per rivelare l'eccezionale bellezza del Graff Vivid Yellow, che debuttò pubblicamente al Palazzo di Kensington di Londra, consolidandosi come una pietra record per la sua forma e le sue incredibili qualità.
Il diamante Delaire Sunrise
Il Delaware Sunrise, con i suoi 118,08 carati, è uno dei più grandi diamanti fantasia di colore giallo vivido al mondo.
Fu recuperato in una miniera alluvionale del Sud Africa come un diamante grezzo sorprendentemente raro di 221,81 carati, a forma ottaedrica naturale.
Bella e intrigante nel suo stato grezzo, la pietra esercitava un magnetismo così potente che, nonostante i potenziali rischi e sfide, il presidente di Graff Diamonds Holdings, Laurence Graff, rimase determinato a preservare la sua forma perfetta, un vero miracolo della natura, trasformandola in un diamante quadrato taglio smeraldo.
Nino Bianco, trascorse mesi a studiare attentamente gli angoli necessari per esaltare al massimo la bellezza della pietra.
La sua sfida era ottenere la massima limpidezza possibile mantenendo il Massimo peso possibile.
Dopo quasi un anno di lavoro, Bianco riuscì a creare uno straordinario diamante taglio smeraldo da 118,08 carati, chiamato Delaware Sunrise, in onore dell’omonima tenuta Delaire Graff e delle splendide albe africane.
Questo possedimento si trova in Sudafrica, precisamente nella regione vinicola di Stellenbosch, nella Provincia del Capo Occidentale.
Situata sulle pendici delle montagne di Botmaskop, la zona è rinomata per i suoi vigneti, i panorami spettacolari e le strutture di lusso, tra cui una cantina, un ristorante, e una galleria d'arte.
Il diamante, che appunto porta il nome di questo podere, venne certificato dal GIA/Gemological Institute of America come il più grande diamante quadrato Fancy Vivid Yellow taglio smeraldo mai realizzato al momento della sua vendita, il pezzo venne ceduto per 42 milioni di dollari.
Clive Golanski, un associato di Graff, lo descrisse come un pezzo unico, simbolo di lusso e individualità.
L'Eredità di Nino Bianco
Al tempo di Bianco, una ventina d’anni fa o più, molti dei diamanti molto grandi venivano ancora “tagliati ad Anversa”, affermava Ettagale Blauer, il direttore di New York Diamonds, una rivista di settore, in un'intervista telefonica.
"Nell'industria del taglio dei diamanti di New York, che si è ridotta come vestiti lavati in acqua calda, lui è stato uno dei pochissimi a maneggiare le pietre più grandi."
"Bianco era una stella," dichiarò Graff. "Ci sono pochissime persone nell'industria con quel tipo di abilità."
Durante la sua carriera di circa 30 anni, Bianco ebbe il compito di sfaccettare circa una mezza dozzina di diamanti da 100 carati, oltre che una miriade di altre pietre di enorme valore.
La lavorazione di solo alcune di queste gemme è nota al grande pubblico.
Una volta terminati, i suoi diamanti venivano venduti alla Graff Diamonds, dopo che venivano montati in sontuosi gioielli.
In un'industria chiusa e spesso segreta, famosa per la bellezza dei suoi prodotti ma anche per i suoi legami con corruzione e guerre, Bianco rappresentava la ricerca della perfezione, un apprezzamento dell’estetica e molti aspetti dell’anima umana nei suoi colori più belli e brillante.
Erano proprio queste sue caratteristiche che trascendevano il tempo: a volte impiegava mesi su una singola faccetta.
Considerazioni finali
Antonio Bianco, scomparso il 15 giugno a causa di un cancro, ha lasciato una familia ed un mondo nella tristezza.
La sua eredità come maestro tagliatore di diamanti continua a vivere attraverso le straordinarie gemme che ha creato e le vite che ha toccato con il suo talento e la sua dedizione.
Sarà ricordato non solo per la sua abilità tecnica, ma anche per la sua passione e il suo impegno nella ricerca puntigliosa dell’esattezza assoluta in ogni diamante da lui tagliato.
In un'epoca di Intelligenza Artificiale, dove processi automatizzati minacciano di sostituire gli esseri umani in molte delle loro mansioni, Bianco rimane un baluardo delle abilità biologiche non automatizzate.
Forse è solo una questione di tempo prima che i sistemi operativi computerizzati superino ciò che gli esseri umani possono fare, ma figure di spicco come lui continueranno a illuminare l'ingegno dell'uomo.
La sua maestria e il suo impegno nell'arte del taglio dei diamanti rappresentano un esempio eterno di ciò che si può raggiungere con dedizione, studio e precisione.
Bianco era un signore, un portatore di tradizioni, profondamente legato alle sue radici nel Bel Paese.
Lo dimostra il suo matrimonio con Caterina Cilluffo (di chiare origini italiane) e i nomi scelti per i loro quattro figli: Loredana, Dario, Nadia e Sandro.
La sua etica professionale resta un modello per chiunque desideri distinguersi nel proprio campo: dedizione, studio e precisione erano le sue armi vincenti.
Con il suo lavoro e la sua vita, Nino Bianco ci insegna che, anche in un mondo in rapido cambiamento, il valore delle competenze e della passione umana rimarrà insostituibile.
Articolo di: Dario Marchiori
Fonti: Wikipedia - Antonio Bianco, Graff Diamonds - Graff Diamonds Official, Gemological Institute of America – GIA, Fonti: glam.com, caratsdirect2u.com, internetstones.com, Bruno Zoppolato, safdico.com, Mining.com, mytour.vn, epochbeads.wordpress.com, Chatgpt, Copilot, diamonds.net, nytimes.com, userblogs.ganoksin.com, dailyjewel.blogspot.com, smh.com.au, tributearchive.com, en.israelidiamond.co.il