L'autore J. R. Sutton scrisse nel suo libro Diamond: A Descriptive Treatise, del 1928: “Il diamante nero ordinario non è molto diverso dalla ceralacca scura.”
Questo vecchio commento è forse emblematico di come i diamanti neri non abbiano mai goduto di grande popolarità .
In molti casi, in passato, essi finivano quasi immancabilmente nella categoria PIETRE INDUSTRIALI.
Solo negli ultimi anni, grazie soprattutto ad alcuni esemplari particolari e ad una buona campagna pubblicitaria, essi hanno acquisito una maggiore visibilità ed apprezzamento da parte del grande pubblico.
Tuttavia, le pietre di questo tipo sono ancora poco conosciute e spesso c’è poca chiarezza su cosa esattamente esse siano.
Navigando per la rete, non è infrequente imbattersi in siti, anche specializzati, che descrivono queste gemme come “diamanti neri, detti anche carbonados”.
Tale definizione non è interamente corretta.
Nelle prossime righe verranno presentati degli spunti sulla separazione tra i vari tipi di pietra che compaiono sotto questa denominazione.
Va inoltre detto che, a differenza di tutti gli altri, che devono il loro aspetto a elementi chimici (come per esempio azoto, boro o idrogeno) presenti nel loro reticolo cristallino (gialli, blu ecc.), a delle imperfezioni dello stesso (marroni, rosa e rossi, soprattutto) oppure all’effetto di particolari radiazioni (verdi), i diamanti neri assumono una colorazione scura a causa di una quantità estremamente elevata di inclusioni al loro interno.
Queste piccole “intrusioni” sono tanto fitte da impedire alla luce di attraversare i cristalli.
Sono i diamanti caratterizzati da questa peculiarità gli unici a poter vantare l’appartenenza alla categoria Fancy Black (nomenclatura inventata dal GIA per definire i diamanti neri naturali).
Esistono, come menzionato in precedenza, altre gemme che vengono proposte (spesso in maniera erronea) sotto questo stesso nome.
Ecco qui di sotto una panoramica esemplificata di tali pietre:
I (veri) diamanti neri naturali: essi vengono colorati da innumerevoli particelle microscopiche di grafite (C), magnetite (Fe3O4), ematite (Fe2O3), pirite (FeS2) e/o ferro nativo (Fe, Siberia), rimaste intrappolate nel reticolo cristallino della struttura della gemma durante il processo di formazione.
Questi microscopici granelli non vanno catalogate come impurità , ma come inclusioni, perché sono parte integrante della gemma.
Esse spesso formano una forte concentrazione di “nuvole”, sparse più o meno a caso all’interno della gemma (e non solo vicino alle fratture) che assorbono la luce, offrendo un'anomala brillantezza e un aspetto talvolta metallico, non trasparente, alla gemma.
Il colore di base effettivo di un diamante fancy black naturale non è necessariamente nero, ma può variare da grigio, marrone o verde "oliva" scuro.
Questi cristalli possono anche presentare piani di sfaldatura e/o (migliaia) di fratture microscopiche, scurite da processi di grafitizzazione, che li rendono più vulnerabili rispetto ai diamanti incolori.
Inoltre, la superficie dei diamanti neri naturali è punteggiata da minuscoli fori, memoria dei mini-cristalli che li occupavano prima della lucidatura.
Mentre i diamanti naturali blu e rosa costano centinaia di migliaia per carato, quelli neri sono significativamente più economici.
Il primo carato di queste gemme è spesso il più caro e pietre di dimensioni importanti si possono ottenere con circa $ 2.000 - $ 3.000 per carato.
Di recente, diamanti chiamati “sale e pepe”, che presentano inclusioni visibili, come suggerisce il nome, ma non numerose a sufficienza per renderli completamente opachi, hanno ottenuto un certo successo commerciale.
I diamanti neri trattati: sono delle pietre parzialmente incolori che hanno un valore estremamente basso a causa dell'elevata quantità di inclusioni in essi contenute.
Dal momento che sono così torbidi, essi non vengono normalmente destinati alla gioielleria, tuttavia, con l'aiuto di trattamenti come l'irradiazione o il calore (7–7.5 GPa and 1700–2200 °C), essi possono entrare sul mercato dei preziosi come pietre molto scure (il loro colore non è distribuito uniformemente nei cristalli, ma solo intorno alle fessure).
L'irradiazione artificiale può anche produrre un verde così scuro, da far apparire il diamante come nero.
Studi su alcuni diamanti neri di Marange hanno mostrato anche alcuni esempi cui le nuvole di inclusioni, inizialmente identificate come grafite erano in realtà associate ad elevate quantità di idrogeno.
I diamanti neri trattati spesso non presentano la superficie punteggiata tipica della controparte naturale.
Carbonado: questi particolari “agglomerati” micro-cristallini si trovano solo in alcune zone del pianeta: principalmente Brasile e Repubblica Centrafricana, ma anche nel distretto di Martapura (Kalimantan, Indonesia, la cui menzione si trova anche in vecchi rapporti delle compagnie mercantili olandesi che precedono la scoperta ufficiale dei carbonado, avvenuta in Brasile nel 1841).
I minuscoli cristalli di diamante che compongono queste pietre sono intrecciati senza un ordine preciso e sono tipicamente della grandezza di circa 20-30 micron.
I carbonados appaiono come aggregati opachi, composti di vari materiali (non solo microdiamanti).
Essi non vengono classificati da alcuni studiosi nella categoria “diamanti”, ma in quella delle rocce.
Il tessuto intrinseco che compone questi minerali, li rende estremamente resistenti, molto più che i diamanti monocristallini (quelli usati in gioielleria).
Per questo motivo, essi vengono frequentemente utilizzate in strumenti che necessitano durezza e resistenza estrema (come certi tipi di trapani e lame).
Per questa loro caratteristica, essi sono incredibilmente difficili da tagliare.
Anche una volta perfettamente sfaccettati e lucidati, la loro superficie non si presenta come liscia e uniforme.
L’origine di queste pietre è tuttora dibattuta.
Essi non si trovano nei comuni giacimenti e non seguono le leggi fisiche e geologiche che caratterizzano i diamanti comuni.
Da tempo si ritiene che essi possano essere venuti dallo spazio.
Uno dei motivi per cui essi sono ritenuti di matrice extraterrestre, è per la presenza, all’interno della loro composizione, di un minerale fino a poco tempo fa non era mai riscontrato sulla superficie del pianeta: la osbornite, un nitruro (TiN) naturale molto raro, originariamente formato nella polvere delle stelle e ora trovato quasi esclusivamente nei meteoriti di oldmanite e acondrite.
Solo di recente (nel 2013) piccole quantità di questo materiale sono state rinvenute in Tibet, in un contesto del tutto terrestre.
Proprio in questi ultimi mesi (2022), una pietra di questo tipo ha “scioccato” il mondo dei preziosi: una pietra chiamata Enigma è stata acquistata per la “modica cifra di 4,28 milioni di dollari.
L’acquisto ha creato un po’ di scalpore, anche perché’ questo materiale, anche se non troppo comune, non ha un prezzo di mercato molto alto.
L’Enigma è, appunto, un grosso carbonado, che è stato sfaccettato in una gemma di forma particolare di 555,55 55 carati.
L’ispirazione dietro a numero e aspetto della pietra, ottenuta da un grezzo di oltre 800 carati (trovato nel 2006) si rifarebbe all’ Hamsa (Khamsa, o Mano/Occhio di ALO o di Fatima – figlia di Maometto, o Mano di Miriam – sorella di Mosè - per gli ebrei), simbolo di libertà per i musulmani e fertilità per gli ebrei.
Altro esempio famoso di carbonado è Sergio, che con i suoi 3167 carati è il più grande diamante (di qualsiasi tipo) grezzo mai estratto dalla terra.
La pietra fu rinvenuta nel lontano 1895 ed eventualmente scissa in pietre minori destinate ad uso industriale (in un periodo in cui materiale di tale durezza era molto raro).
Diamanti (o altri materiali) neri ricoperti e pietre composite: l'industria della gioielleria ha, negli ultimi anni, assistito all'introduzione di diversi tipi di gemme sfaccettate (diamante, topazio, quarzo, zirconia cubica e altri), rivestite con sottili strati superficiali, colorati o incolori, di sostanze quali l’ossido di alluminio, il carbonio simile al diamante (DLC) e il diamante sintetico nano-cristallino.
Queste coperture sono state introdotte per cambiare sia il colore o che presumibilmente l'aspetto e/o la durata delle pietre rivestite.
Anche si gli strati sono di spessore di pochi micron, essi sono sufficienti per cambiare alcune caratteristiche delle gemme così trattate e “gabbare” alcuni compratori poco attenti.
Un simulante composito recente prevede la combinazione di un nucleo CZ abbinato ad un rivestimento esterno di diamante amorfo, creato in laboratorio.
Lo strato di copertura può anche nascondere trattamenti tipo la trapanazione al laser nei diamanti naturali.
Questo anelito alla alterazione di pietre ed altri materiali ha radici antiche.
Senza dover ricorrere a tecnologie rivoluzionarie, forme primitive di modifica del colore tramite applicazione di una piccola goccia di inchiostro (tinta) o di una lamina metallica e sul retro di un diamante, sono conosciute da secoli.
Benvenuto Cellini, un famoso gioielliere fiorentino, enumera alcuni tipi di trattamenti dei diamanti nella sua opera biografica del 1558/67 (ma pubblicata solo nel 1728).
Al suo tempo, questi interventi potevano aumentare il valore di alcune pietre, essi erano noti e ben accettati dai contemporanei.
È interessante notare che nei dipinti tardo-medievali, rinascimentali e fino anche al ‘700, i diamanti (anche quelli incolori) venivano dipinti come neri.
Si vedano, per esempio nell’ opera di Raffaello, Ritratto di Elisabetta Gonzaga (1505, nel quale il diamante, rappresenta l’acutezza dell’intelletto della nobildonna), nei ritratti di Enrico VIII, di Hans Holbein il Giovane c.1539-1540. di Mary Wotton, Lady Guildenford, 1527.
Di Elisabetta d’Austria, Regina di Francia, c.1571.
Anche dei materiali compositi/assemblati (come per esempio le doppiette – non i fucili- gemme ottenute dall’unione di due cristalli differenti) sono talora utilizzate per creare versioni più economiche di alcune pietre preziose.
Nel caso del diamante nero, questa opzione è piuttosto rara, tuttavia esiste.
I diamanti neri sintetici: queste pietre vengono ottenute da una testurizzazione periodica controllata su scala nanometrica della superficie di un sintetico diamante CVD (Chemical Vapour Deposition), in grado di modificare drasticamente l'interazione con la radiazione solare, da una buona trasparenza ottica fino a valori di assorbimento solare anche maggiore del 90% (un nero quasi totale).
È stato dimostrato che la testurizzazione della superficie, eseguita mediante l'uso di un laser a impulsi ultracorti, induce eccezionali risultati ottici e fotoelettronici.
Tale successo apre la strada per applicazioni future del diamante nero al di fuori del mondo della gioielleria.
Imitazioni: Queste non sono diamanti veri e propri, ma pietre che ne imitano l’aspetto.
Tra esse, molto popolari sono gli zirconia cubici (CZ) che si possono acquistare a dozzine per pochi centesimi.
Carbonio, grafite, allotropi e ... confusione
Sembra quasi incredibile due materiali apparentemente tanto dissimili come grafite e diamante condividano la stessa composizione chimica, infatti sono entrambe fatti di carbonio puro.
È altrettanto inusuale, nel mondo moderno, che queste due sostanze si trovino a diretto contatto.
Esistono comunque rare situazioni nelle quali entrambe le forme, dette allotropi, non solo condividono lo stesso spazio, ma sono addirittura parte dello stesso oggetto.
Questa particolare convivenza si verifica in alcuni diamanti neri.
In essi, il colore scuro viene causato proprio da inclusioni di grafite (o talora da altri cristalli scuri, quali la magnetite, ematite, pirite e/o ferro nativo) di dimensioni micrometriche, inclusioni di dimensioni nanometriche raggruppate in nuvole (associate ad elevate quantità di idrogeno) o una combinazione di uno o più di questi fattori.
Ciò che li divide diamante da grafite è la loro struttura interna.
Quest’unica discrepanza, a livello atomico, porta i due materiali a mostrare delle caratteristiche completamente diverse.
Nella grafite, gli atomi di carbonio sono disposti in fogli planari che possono facilmente scivolare l'uno sopra l'altro.
Questa struttura rende il materiale molto morbido (durezza 1-1,5 sulla scala Mohs) e poco costoso, infatti lo si trova nelle comuni matite.
Dall’altro lato, il diamante (durezza 10 sulla scala Mohs) ha caratteristiche ottiche, fisiche e chimiche che lo rendono uno dei materiali più ricercati del momento, per qualsiasi tipo di applicazione industriale o legate alle nuove tecnologie (dai supercomputer quantici a materiali per esplorazioni spaziali).
Trasformazioni
Vista la differenza di valore dei due materiali, per molti anni si è tentato di passare dall’uno, economico (grafite), all’altro, costosissimo (diamante).
Se nel ‘600-‘700 si pensava che solo gli alchimisti (come Cagliostro o il Conte di San Germain) fossero in grado di operare tale miracolo, oggi esistono maniere meno esoteriche, ma sempre piuttosto complicate, per ottenere tale risultato.
Mutare la grafite in diamante è, infatti, un processo che richiede molta energia.
In assenza di ossigeno, i diamanti possono essere riscaldati a temperature molto più elevate e, attraverso dei macchinari particolari, essere tramutati in grafite.
Anche il passaggio inverso è possibile, ma tale processo (che nessuna persona sana penserebbe mai di operare, se non per scopi di studio) è stato scoperto solo di recente ed è stato reso possibile dalla notevole riduzione dei diamanti sintetici.
Nel 2017, utilizzando un laser a raggi X, alcuni scienziati sono riusciti ad ottenere questa metamorfosi.
Con un risultato sorprendente, un team di ricercatori polacchi e statunitensi ha ridotto un durissimo cristallo incolore in … punte di matita.
Oggi si sa che i diamanti non durano per sempre (alla faccia del famoso slogan di De Beers), ma decadono col tempo, diventando proprio grafite, poiché essa possiede una configurazione che richiede minor energia.
Per fortuna, è stato calcolato che per ottenere l’energia di attivazione di 25 °C, la tipica temperatura ambiente, ci vorrebbe oltre un miliardo di anni per convertire un centimetro cubo del primo nella seconda.
Esperimenti a parte, la natura ha provveduto a creare alcuni diamanti neri che sono testimonianza della sua infinita varietà e che hanno impreziosito le mani o i forzieri di coloro che si li potevano permettere.
Ecco, qui di seguito, una breve lista di alcune di queste famose gemme scure:
L’Orlov Nero (o occhio di Brahma): una gemma da 67,50 carati, di color "canna di fucile", opaco e di taglio cuscino.
Prese il nome dalla (misteriosa) principessa russa, Nadia Vyegin Orlov, che ne sarebbe stata proprietaria negli anni '30.
Esso fu scoperto nei primi anni dell'Ottocento in India ed è una delle tre gemme risultanti dal taglio della pietra originale di 195 carati, ha ed è attualmente incastonata in una collana di diamanti e platino.
Il Nero di Amsterdam: una gemma da 33.74 carati e 145 faccette, estratta in Sudafrica (forse l’unico mai recuperato in queto stato) nel 1972.
È a forma di goccia e ottenuta da un grezzo di 55,85 carati.
Fu venduto all’asta per ben due volte fino a raggiungere nel 2001 il prezzo record di 352.000 dollari.
Lo Spirito di de Grisogono: il più grande diamante nero del mondo (il quinto più grande del mondo in assoluto).
A partire da un peso del grezzo di 587 carati, originariamente estratto nella Repubblica Centrafricana occidentale.
Il risultante diamante taglio mogol/moghul pesa 312,24 carati ed è incastonato in un anello in oro bianco con 702 diamanti bianchi più piccoli per un totale di 36,69 carati.
Il Korloff Noir Black Diamond: è un diamante nero di 88 carati e 57 faccette.
Si ritiene sia stato estratto in Russia, ma è, dal 2007, a Salt Lake City, dove risiede ancora attualmente.
La pietra è assicurata per la “modica” cifra di 37 milioni di dollari.
Si dice che esista anche un diamante nero da 202,00 carati chiamato "Black Star of Africa", visto per l’ultima volta in Giappone, nel 1971, ma ci sono poche informazioni riguardo allo stesso.
Il Table of Islam: (160,18 carati) di taglio smeraldo, anche in questo caso, sono scarsi i dettagli.
Il Gruosi: a forma di cuore da 115.34-carat, ancora nelle mani del possessore originale, Mr Fawaz Gruosi.
La pietra è originaria dell'India e doveva essere tagliata a forma ovale.
Tuttavia, a causa della sua fragilità , assunse la forma attuale.
Passando dai 300,12 carati previsti ai 115,34 carati finali, perdendo un totale di 184,78 carati.
Dopo aver creato una collezione di gioielli e orologi con diamanti neri particolarmente attraente nel 1996, Gruosi è riuscito ad avviare una tendenza del diamante nero, che esiste ancora oggi.
I cristalli neri fanno parte di quella tendenza che ha visto, nell’ultimo ventennio, i diamanti fantasia (colorati) assumere un ruolo decisamente più centrale nel mondo dei gioielli.
Come nel caso di tutte le altre pietre preziose, va prestata attenzione a ciò ce si compra e che si vende, esiste, infatti, una galassia di alternative meno nobili che sono spacciate per le rarità che la natura crea.
Articolo di: Dario Marchiori
Fonti: gia.edu, moviecultists.com, naturallycolored.com, gemonediamond.com, sciencedirect.com, eilatdiamonds.it, it.bereawiki.com, legioiediliuba.com, amousdiamonds.tripod.com, revediamonds.com, mydiamonds.com.au, angara.com,