La Tracciabilità Dei Diamanti | Rare diamonds, gems, jewelry, gemology and crypto payments
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Tracciamento diamanti

Il legame tra alcuni diamanti e i paesi con continui scontri militari (in particolare nel continente africano) è diventato un triste fatto di pubblico dominio da almeno una ventina d’anni, ma nell’ultimo decennio questa relazione ha assunto, anche dal punto di vista commerciale, un significato diverso.

L’utilizzo di diamanti a scopi di guerra ha creato l’esigenza, da parte delle grandi firme, di ideare sistemi di tracciamento che rassicurassero i compratori (Millennials e Generazione Z in primis) sull’origine etica delle gemme loro offerte. 

In realtà, la maggior parte dei conflitti negli stati interessati si è conclusa da anni, ciò che rimane, invece, sono le condizioni inumane dei minatori di alcuni di questi paesi.

IL Progetto Kimberly

I Diamanti Insanguinati (chiamati anche Diamanti di Sangue, o denotati in inglese con i termini di conflict diamonds, brown diamonds, hot diamonds, o red diamonds) sono, appunto, gemme estratte in una zona di guerra e/o venduti per finanziare un'insurrezione. 

Il termine viene utilizzato per evidenziare le conseguenze negative del loro commercio in determinate aree o per etichettare un singolo diamante come proveniente da tale zona. 

La consapevolezza dell’utilizzo di queste pietre per il sovvenzionamento di guerre ha portato, alla fine degli anni ’90, alla creazione del cosiddetto Processo Kimberley/KP (o anche Kimberley Process Certification Scheme /KPCS). 

Questa iniziativa internazionale consta di un insieme di politiche atte alla contravvenzione del traffico dei diamanti legati a conflitti interni di certi paesi e la loro vendita per finanziare gli stessi. 

Esso venne ratificato, per la prima volta, nel 2000 e già dal 2002, 37 paesi ne erano diventati membri promotori. 

Questo progetto è aperto a tutti i paesi che desiderino e siano in grado di implementare i suoi requisiti. 

Attualmente (2020) 56 partecipanti, in rappresentanza di 82 stati, hanno aderito, con l'Unione Europea ed i suoi Stati membri che contano come una singola entità. 

I rapporti stilati, dopo l’istituzione di tale autorità, hanno stimato che fino al 21% della produzione totale di diamanti negli anni '80 veniva venduta per scopi non etici, di cui il 19% era specificamente di natura conflittuale. 

Pochi anni dopo l’entrata in vigore delle restrizioni imposte dal KPCS, il World Diamond Council (formato proprio nella stessa epoca in cui il KP veniva definito) stimava che il commercio illegale di queste pietre si era ridotto al 4% della produzione mondiale. 

Senza dubbio, una decisa spinta ad una più diffusa consapevolezza venne dal film “Blood Diamonds”, interpretato dallo stellare Leonardo di Caprio nel non lontano 2006. 

Questa pellicola, insieme agli sforzi mediatici delle grandi compagnie che controllano il settore, ha contribuito ad accrescere la sensibilità da parte dei consumatori, soprattutto di quelli più giovani, verso questo triste problema.

Con la crescita di coinvolgimento sociale nei confronti dei Diamanti Insanguinati è nata anche l’esigenza di sviluppare sistemi di tracciamento delle gemme che potessero, in qualche modo, impartire un colpo significativo alle organizzazioni criminali che si avvalevano della vendita di queste gemme per sostenere le proprie politiche guerrafondaie.

Per rispondere alle esigenze indotte nelle nuove generazioni e ringiovanire l’immagine di queste favolose pietre, le grandi compagnie che ruotano intorno al commercio dei diamanti si sono mosse per creare strumenti che consentissero di risalire alle loro origini e seguire il loro percorso passo-passo, dal sottosuolo fino al dito di una bella dama.

Tracciabilità, Diamanti etici e Promozione delle Vendite

I programmi ad oggi proposti sono, per la quasi totalità, in via di definizione e non hanno raggiunto, nella maggior parte dei casi, la piena maturità. 

Inoltre, l’anno corrente (2020), con tutti i suoi problemi, ha rallentato parzialmente ogni sperimentazione in questo senso. 

Visto il momento di crisi, aggravata dalla recente immissione sul mercato, in quantità sempre più significative, dei cosiddetti LGD (Lab-Grown Diamonds) - diamanti creati in laboratorio con caratteristiche quasi identiche a quelli naturali, ma con prezzi decisamente inferiori - poi dalla comparsa del Covid-19, molti grandi nomi hanno deciso di unire le forze per dare un impulso visibile a tutta l’industria. 

Ecco elencati alcuni sistemi oggi in circolazione o che sono già stati presentati al grande pubblico:

GIA e Alrosa - M2M - dal 2017

La compagnia russa Alrosa, nella sua ricerca di un metodo affidabile per rassicurare i suoi clienti della provenienza etica delle proprie gemme, si è unita al GIA con l’intento di pilotare il M2M (Mine to Market), il progetto che fornisce certificati digitali per i diamanti inseriti in questa iniziativa. 

Attraverso questo sistema, ideato proprio dall’Istituto Gemmologico Americano (GIA) il cliente può usufruire di un file completo su ogni diamante, dalla sua estrazione fino al momento in cui la una gemma viene commercializzata. 

Attraverso questo metodo, i produttori partecipanti iscrivono, con un laser, ogni pietra grezza prima che essa venga sfaccettata, di modo che essa possa essere seguita lungo tutto il percorso che la porta dalla miniera al negozio. 

GIA e Chow Tai Fook per la Cina- dal settembre 2018

Un’iniziativa simile a quella descritta qui sopra è quella intrapresa dal partenariato tra l’Istituto Gemmologico Americano e Chow Tai Fook. 

Anche in questo caso il GIA rende disponibili i suoi certificati in formato digitale, protetto dalla tecnologia Blockchain/Everledger. 

Il sistema è diverso dal programma di tracciabilità Mine to Market (M2M), lanciato nel 2017.

L'impronta di ogni diamante è fornita attraverso il concetto "4T" (traceable, transparent, true and thoughtful – tracciabile, trasparente, vero e premuroso) di Chow Tai Fook e resa possibile proprio dalla tecnologia Everledger.

Inoltre, i consumatori finali ora ricevono un certificato blockchain permanente e inalterabile delle informazioni sulla classificazione GIA del loro diamante.

De Beers - Tracr – dal 2018

De Beers ha dichiarato che la piattaforma di tracciabilità dei diamanti, chiamata “Tracr” e supportata dalla tecnologia blockchain, fornisce un record digitale unico, a prova di manomissione e permanente, per le pietre registrate sulla sua rete.

“Tracr” è una delle prime soluzioni blockchain innovative del settore che “taggano” e rintracciano i diamanti lungo tutta la catena di produzione/vendita, a cui possono quindi accedere i consumatori e i gioiellieri di diamanti di tutto il mondo. 

I rappresentanti della Compagnia ritengono che la tracciabilità richieda la cooperazione e la complementazione di tutto il settore per il bene di un “obiettivo comune”.

Forevermark (parte del Gruppo De Beers, dal 2008)

Sempre De Beers, attraverso la ditta sussidiaria Forevermark, ha predisposto un altro sistema per assicurare i propri clienti dell’eticità delle proprie gemme e cioè l'iscrizione laser del logo della compagnia stessa, posizionata sulla tavola di un diamante (la faccetta superiore di una gemma) utilizzando tecnologia proprietaria. 

L'iscrizione è profonda 1/20 di micron (equivalente a 1/5000 della larghezza di un capello umano), è invisibile ad occhio nudo, ma può essere facilmente individuata con un microscopio e funziona come garanzia di origine controllata della pietra stessa.

Alrosa - Passaporto Elettronico - dal giugno 2019

Un altro progetto del colosso russo Alrosa, chiamato il Passaporto Elettronico e presentato al JCK di Las Vegas del 2019, rappresenta un ulteriore passo verso i programmi di tracciamento dei diamanti. 

Anche con questo sistema, l’intento è quello di fornire dettagli approfonditi sulla provenienza delle gemme. 

Al certificato cartaceo viene accostato un video personalizzato. 

All’interno del “Passaporto” vengono citate le caratteristiche fisiche del diamante, nonché la sua età, il luogo e la data di estrazione, quando e dove è stato tagliato, nome e background dell'artigiano che ha modellato la pietra. 

Il video personalizzato invece fornisce la storia visiva di ogni pietra, ottenuta automaticamente dai database elettronici.

Alrosa e Wechat (Tencent) – per la Cina – dal 2020

Per quel che riguarda il mercato cinese, Alrosa ha invece optato per un programma di identificazione basato su blockchain che offre ai consumatori orientali una maggiore trasparenza quando acquistano gioielli tramite la piattaforma WeChat. 

WeChat – di proprietà della Tencent Holdings e fondata nel 2011 - è la app (applicazione) di video-messaggistica, che fornisce notizie, opportunità di acquisiti, pagamenti e molte altre funzioni più popolare del paese orientale, con circa 1,2 miliardi di utenti attivi. 

Questo partenariato unisce, attraverso la piattaforma blockchain Everledger, le gemme del colosso russo e i “netizens” di quello cinese.

La piattaforma di tracciabilità viene applicata a un "mini programma", un'applicazione secondaria all'interno del sistema WeChat che abilita funzionalità avanzate come l'e-commerce e la gestione delle attività.

Tiffany – dal gennaio 2019

Già dal primo trimestre del 2019, Tiffany (attualmente in disputa legale con LVHM sulla questione della vendita-acquisto della società stessa) ha dichiarato di voler garantire una trasparenza al 100% nella catena di fornitura dei propri diamanti. 

Nei “Certificati del Diamante di Tiffany” (Tiffany Diamond Certificates), ogni gemma viene registrata individualmente, insieme alle proprie specifiche, compresa la provenienza. 

Anche in questo caso la compagnia nordamericana intende utilizzare la tecnologia blockchain.

I nuovi certificati - che includono dettagli su dove ogni pietra registrata è stata estratta, selezionata, classificata, tagliata, incastonata ed un sistema di tracciamento - giungono a testimonianza dell’impegno di Tiffany nel fornire dati precisi per i propri diamanti. 

Sempre per andare in questa direzione, la grande firma di gioielleria ha aumentato l’organico di oltre 2.000 rappresentanti (tra il 2017 ed il 2019, principalmente negli stabilimenti all'estero ed in quelli di produzione di gioielli nazionali). 

Già a partire dal 1999, la firma newyorkese aveva predisposto un attestato individuale che delineava l’identità specifica per le sue gemme. 

Questo certificato era chiamato “Protocollo di Garanzia della Fonte del Diamante” (Diamond Source Warranty Protocol; in esso, tuttavia, non veniva indicata l’origine geografica dei diamanti, ma veniva offerta per iscritto una rassicurazione formale che dichiarava che essi non provenivano da paesi che violavano i diritti umani.

Sarine Technologies – dal 2019

Un altro “giocatore” importante, in questa corsa alla tracciabilità dei diamanti è Sarine Technologies Ltd, la più importante ditta israeliana (e del mondo) di tecnologie per l’analisi, la lavorazione e la classificazione dei diamanti (grezzi e tagliati). 

Gli esperti di Sarine sono convinti che la parte più critica e impegnativa della tracciabilità delle pietre preziose sia la creazione di una connessione verificabile tra il diamante e la sua certificazione digitale, durante la trasformazione del diamante da grezzo a lucido. 

Affinché il processo sia attendibile, sono inoltre necessarie informazioni certe sui diamanti. 

Questi dettagli possono provenire solo da soluzioni oggettive basate sulle tecnologie che raccolgano e archivino dati senza interferenze, dalla miniera fino al consumatore. 

Proprio come un'impronta digitale umana, ogni diamante grezzo ha un carattere originale che può essere determinato utilizzando sofisticati macchinari di mappatura. 

La compagnia di Tel Aviv ne propone alcuni che, in combinazione, permettono di stabilire o tracciare l’origine di ogni cristallo di carbonio puro sfruttando le sue proprietà ottiche e fisiche. 

Ad esempio, l’“Imaging Sarine Galaxy®” scansiona il diamante grezzo per rivelarne i difetti interni, il DiaExpert®” ne mappa la superficie esterna ed il “Sarine Advisor® ne analizza la struttura e le caratteristiche interne per creare una vasta gamma di tagli. 

Attraverso l’utilizzo di questi complessi software, Sarine ha creato il programma “Diamond Journey ™”, già adottato da numerose società di diamanti (23 fornitori ad oggi) in tutto il mondo. 

Conclusione

Quelle elencate qui sopra sono alcune tra le proposte più in vista nel mondo del gioiello, ma non certo le uniche, né tantomeno le ultime. 

Il KP e le conseguenze derivate dalla sua istituzione hanno avuto un impatto notevole sull’industria dei diamanti. 

Le più grandi firme si stanno oggi sfidando a colpi di tecnologia per dimostrare, soprattutto ai compratori più giovani, che sono attente alle ingiustizie sociali e che i propri diamanti sono eticamente etichettati. 

Mr. Ngenge, Presidente del Concilio Africano del Diamante (come evidenziato in una nostra recente ma informale conversazione) ed altri insistono sul fatto che le politiche derivate dall’istituzione del Processo Kimberly siano quantomeno incomplete. 

I programmi proattivi delineati al suo interno omettono o non indirizzano propriamente alcuni dei i veri nodi sulla questione dell’estrazione dei diamanti negli stati dove regna una povertà diffusa. 

Tra essi vanno menzionati per esempio il lavoro minorile nello Zimbabwe, I 3 dollari al giorno pagati ai minatori in Sierra Leone (adesso dovrebbero essere aumentati, ma il problema rimane) e la loro aspettativa (e condizioni) di vita, intorno ai 40 anni, molto bassa se paragonata agli 80 circa degli stati economicamente sviluppati e molti altri. 

Purtroppo, se da un lato verranno rifinite le tecniche necessarie per risalire all’esatta miniera d’origine di ogni singolo diamante, è probabile che dall’atro, negli anni a venire, le condizioni inumane che ancora affliggono le aree meno abbienti del mondo, dove questi simboli ricchezza vengono estratti, continuino a ricevere poca copertura mediatica.

Articolo di: Dario Marchiori

Fonti: chowtaifooktmark.com, blog.sarine.com, sarine.com, bloomberg.com, forevermark.com, diamonds.net, kimberleyprocess.com, naturaldiamonds.com, theglobaleconomy.com, everledger.io, rivistaitalianadigemmologia.com.
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